È giusto che in un’ora di lavoro 26 minuti si lavora per se stessi e il restante per lo Stato? Queste e tante altre le domande stimolate da “7 anni” lo spettacolo teatrale di Francesco Frangipane
Ph. Flavia Tartaglia
Grande successo di pubblico al Nest teatro per lo spettacolo “7 anni”, andato in scena il 6 e 7 dicembre con la regia di Francesco Frangipane.
Con Serena Iansiti, Giorgio Marchesi, Massimiliano Vado, Pierpaolo De Mejo, Arcangelo Iannace, lo spettacolo, tratto dall’omonimo film spagnolo del 2016 sceneggiato da Josè Cabeza, è un vero e proprio viaggio nell’umano, in una stanza cinque personaggi sembrano affrontare una sorta di esperimento sociale. Come si comporta una persona di fronte ad un rischio? Che forme può assumere l’individualismo? Cosa si è disposti a fare, a dire, a diventare pur di salvare se stessi? Sette anni di carcere hanno un prezzo? È giusto che in un’ora di lavoro 26 minuti si lavora per se stessi e il restante per lo Stato? Queste e tante altre le domande che il pubblico porterà con sé, perché lo spettacolo non è un monito né vuol fornire un messaggio morale, bensì regala molte riflessioni.
A farla da protagonista è la tensione, la stessa che si respira in una partita a scacchi, difatti è proprio una scacchiera quasi la metafora e l’oggetto attorno al quale si racconta l’intera vicenda. Come in una partita a scacchi, quattro soci fondatori di un’azienda dal fatturato milionario, il “cavallo nero”, la “torre bianca”, la “torre nera”, “l’alfiere”, si affrontano mossa dopo mossa alla ricerca dello scacco matto, devono prendere immediatamente una decisione complicatissima: sacrificare con sette anni di carcere uno di loro per salvare gli altri tre. Venuti a sapere che il fisco sta indagando su di loro, i quattro individui saranno con l’acqua alla gola e talmente indecisi da chiedere l’intervento di un mediatore esterno che possa risolvere la situazione.
In uno spettacolo nel quale anche i silenzi parlano e nel quale riecheggiano i sapori della commedia come del giallo, l’importante non risulta essere l’evolversi della vicenda o l’attesa del suo epilogo, ma i mille modi in cui dinamiche esterne muovono dinamiche interne, poichè anche quando la situazione si risolve per il meglio, ormai “il dado è tratto”, i quattro amici-colleghi hanno svelato i loro lati oscuri. Non si arriva, difatti, a parteggiare per uno o per l’altro personaggio perchè tra le righe sono le dinamiche che spiegano le persone, dinamiche che potrebbero presentarsi un po’ a tutti e nelle quali tutti possono rispecchiarsi e chiedersi quale sarebbe poi la propria personale reazione e fino a quando, fino a cosa, in se stessi vincerà il genio o il demone.
[di Flavia Tartaglia]