Picasso e Napoli: Parade è la nuova mostra temporanea, fruibile fino al 10 luglio, al Museo nazionale di Capodimonte, Napoli. L’evento è incentrato su Parade, balletto messo su con l’essenziale collaborazione del pittore, per scenografia, trucco e costumi, con musiche di Satie, testo di Cocteau, balletti di Massine. Questi uomini, con l’aggiunta di Diaghilev, interprete del Prestigiatore Cinese, sono rappresentati sulla più grande, in termini dimensionali, opera di Picasso, un sipario di 17 metri per 10. La mostra è l’inizio di Picasso Mediterraneo, il progetto che festeggia il centenario del viaggio che il pittore fece in Italia con Cocteau, nel 1917, per ispirarsi con le sue atmosfere e preparare, appunto, Parade, messo in scena lo stesso anno.
La guida interattiva, innovativa ma forse poco funzionale, accompagna i visitatori in un percorso ben strutturato. La prima sala contiene i pupi siciliani, al cui stile si è molto ispirato l’artista. La mostra non consta, infatti, solo di sue opere ma sono presenti anche i lavori di altri artisti contemporanei, come Depero. A seguire vi sono vari fra schizzi, bozze e progetti ben definiti dei costumi e del trucco, rendendo chiara la capacità visionaria che ha portato a un’opera come Parade.
Il “pezzo forte”, il grande sipario, è visitabile nel Salone delle Feste dell’Appartamento Reale di Capodimonte. La location è stata scelta non casualmente: la struttura ricorda vagamente un teatro con i suoi loggioni. I grandi lampadari di cristallo, muniti di luci sanguigne, aumentano l’atmosfera noir e, benché impediscano vagamente la visuale, accrescono indubbiamente la suggestività. La mostra è inoltre accompagnata da proiezioni del balletto originale.
Parade è stato il punto d’incontro fra vari artisti visionari, ironici, quasi disillusi ma ancor combattivi che riversarono la loro anima in un balletto che richiese molteplici e sinergici sforzi. Il cubismo è ampiamente presente in personaggi come il Manager Francese, onirici invece sono ad esempio gli Acrobati, di una malinconia alla Charlott è pervasa la Ragazzina Americana; su tutti domina uno spirito circense percorso da una delicata ironia, da un dolce disincanto.
L’evento dà modo di entrare a pieno nell’atmosfera della prima guerra mondiale e nella risposta quasi disperata che diedero gli artisti e i movimenti di quel tempo. Il pittore spagnolo spesso affermava il valore della finzione per rappresentare la realtà e il progetto tutto dell’opera è ben rappresentato dalla sua celebre affermazione:
La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico.
[di Francesca Lomasto]