Alessandro D’Urso, fotografo personale di Pino Daniele, decide di raccontare e celebrare ‘la vita di un amico’ con una mostra dal titolo “20 anni con Pino (Addòve!)”.
Gli strumenti analogici, sia in campo musicale che grafico, raccontano la verità nuda e cruda perchè portano con sè tutte le imperfezioni che tracciano un istante non replicabile.
È così che Alessandro D’Urso, fotografo personale di Pino Daniele, decide di raccontare e celebrare ‘la vita di un amico’ con una mostra dal titolo “20 anni con Pino (Addòve!)”. Le immagini, circa 180 fotografie e video inediti, sono fruibili al PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, dal 15 ottobre fino a metà gennaio.
«Si tratta di una mostra frutto di 20 anni di amicizia e collaborazione con Pino», spiega Alessandro d’Urso.
In collaborazione con il Comune di Napoli, “Addòve” -parola utilizzata molto spesso dallo stesso Pino Daniele- racconta il periodo musicalmente più intenso del cantautore partenopeo, scomparso lo scorso anno, che negli anni tra il 1990 e il 2008 ha collaborato con grandi nomi della scena internazionale come Pat Metheny, Al Di Meola, Peter Erskine, Rachel Z, Jimmy Earl e con molti italiani, producendo proprio in quegli anni i suoi album di maggior successo: “Non calpestare i fiori nel deserto” e “Dimmi cosa succede sulla terra”.
D’urso sceglie una serie di scatti, che raccontano un Pino Daniele non solo come personaggio pubblico, ma anche nella vita privata, catturando così i dettagli di quella che è più che una collaborazione, ma una vera e propria amicizia, tracciando un ponte tra il mito e l’uomo che c’è dietro. Ogni elaborato proposto è analogico, quindi ottenuto su pellicola, perciò ogni scatto rappresenta l’unicità e la trasparenza di un momento con tutti gli errori e le imperfezioni che si porta dietro.
“Addòve” è l’ennesima dimostrazione di come la morte di Pino Daniele segna non solo la scomparsa di un musicista, ma di un personaggio pubblico di grande influenza, il cui successo risiede nella semplicità e nella dimensione umana della sua figura.
[di Roberto De Rosa]