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A volte l’arte è l’immagine, quindi il farsi opera, di ciò che non si vede. Ma non si tratta di immaterialità se si parla di Alex Grey, artista statunitense, pittore, scultore, performer, creatore di istallazioni, specializzato in arte psichedelica, si definisce “un artista mistico”, i suoi lavori sono difatti realizzati con una precisione medica, una dovizia di particolari anatomici, tanto da sembrare rappresentanti di una inedita dimensione dove sostanza e apparenza, illusione e materiale, esperienza e fantasticheria, reale e sovrannaturale, interagiscono e generano.
La sua formazione anatomica gli ha fornito le conoscenze necessarie per esaminare l’essere umano, tanto da essere assunto come illustratore medico ad Harvard, ma le sue ‘visioni’ d’artista, indotte anche dall’uso di sostanze allucinogene come l’LSD, gli hanno permesso di ‘vedere’ ben oltre, quelle cose che si ‘rivelano’ solo a poche menti: l’energia, l’aurea, la radiosità, i fenomeni, che si sprigionano da e tra le persone, e così di poterle illustrare. Se tra certe persone esiste un legame magico, sono le anime gemelle, quei legami indissolubili, incondizionati ed incondizionabili, sono talmente unici e straordinari da rappresentare forse già di per sè ‘un’opera d’arte’, Grey li rende proprio tali facendoli diventare dei dipinti, e per descrivere quell’affinità elettiva ricca dell’energia della sintonia, quell’appartenenza reciproca, l’artista unisce menti e cuori per sempre col simbolo dell’infinito, spesso ricorrente nei suoi lavori.
Le profonde rivelazioni che Grey ‘vede’ per sua inclinazione naturale ed anche attraverso l’assunzione di sostanze chimiche, probabilmente si devono anche ad un’altra musa, altrettanto estatica: l’amore, per la sua compagna di vita, la pittrice Allyson Rymland Grey, madre della loro unica figlia.
Grey (nome assonante con ‘Gray’, Henry Gray, anatomista inglese autore di Gray’s Anatomy ovvero il manuale medico-chirurgico di anatomia umana per eccellenza), dipinge le attività basilari per ogni essere umano, come baciare, fare l’amore, nutrirsi, pensare, e tanto altro, ma questo non fa della sua arte un qualcosa di convenzionale o semplice, egli difatti immagina i soggetti, e le loro funzioni primarie, come ‘vestiti’ del loro spirito (come se l’aldilà fosse dentro loro), della loro coscienza, della loro mente, della loro natura mistica, trascendentale, il loro aspetto non è dato dalla pelle ma da tutto ciò che essa racchiude, come le connessioni corporee, i campi energetici che si sprigionano in particolari stati fisici od emotivi. Ricorrenti in essi sono i simboli religiosi, «L’esperienza visionaria è alla base di tutte le religioni, come il viaggio di Maometto nel Settimo Cielo, o l’Annunciazione, la Trasfigurazione, o forse persino la Resurrezione. La Torah è piena di mistici ebraici come Ezechiele che vedeva ruote di fuoco o Mosè che aveva contemplato il cespuglio che brucia […]», riflette l’artista.
Sacred Mirrors (Specchi Sacri) è uno dei suoi lavori più impegnativi ed apprezzati, si tratta di una serie di capolavori a grandezza naturale, una sorta di tavole anatomiche, in cui il corpo è indagato e svelato come ai raggi X, rivelando i suoi organi e le sue energie.
«Ciò che conosciamo del mondo dipende interamente dalla nostra visione di esso, che è possibile sviluppare e trasformare in ispirante vivacità, oppure lasciar stagnare ed atrofizzare […]», racconta Grey, difatti oltre l’ammirazione per la sua geniale arte, le sue opere trasmettono, almeno alle persone recettive, lo stimolo a sfruttare a pieno, sempre, tutto il proprio potenziale.
[di Flavia Tartaglia]