All’inizio pensavo fosse la solitudine. Poi la vendetta, o meglio, il riscatto. Ma non riuscivo a guardarti fisso per due secondi consecutivi senza arrossire.
Così pensai fossero i luoghi, ti incontravo sempre in contesti belli quanto frammenti struggenti di scenografie di film romantico drammatici, o nel mezzo di quei paesaggi così suggestivi che ti impongono l’urgenza di essere felice, e lì ti innamori, inevitabilmente, anche di qualcosa o di qualcuno che normalmente detesti. Ma quando tornavo in quegli stessi luoghi e tu non c’eri, li vedevo come desolati, e forse l’atmosfera che li riempiva eri tu.
Ma non poteva essere.
Allora forse era l’eccitazione fisica e l’euforia mentale, la tua bellezza e la tua genialità somigliavano troppo a tutte le cose per me perfette, oppure il tuo ruolo, non sono il tipo che subisce più di tanto il fascino della divisa ma della personalità sì, quando passavi tu, beh, io vedevo il mondo inchinarsi, brutta storia le mie visioni, per me eri una sorta di autorità, di mito. Ma ti vidi anche in tuta davanti al tuo sacro caffè o dormire accanto a me in aereo e non incedevi, non guardavi, non ti muovevi, non parlavi, eppure io sentivo il mio solito groppo alla gola di quando si apre il sipario di un grandissimo spettacolo.
Doveva essere la mia immaginazione, per forza, quella ha più vita di me.
Ma non riuscivo a dormire bene se non ti vedevo o non mi incantavo per un po’ guardando una tua foto, poi mi hai preso per mano… ed io ho accettato il fatto che è solo Amore.
No, non sarò io a smettere. Una come te dev’esser lei a distruggermi.
[di Emeteros]