FOTO GALLERY di Federica Di Carlo, clicca per ingrandire
Articolo di CHIARA CIOLFI
Federica Di Carlo (Roma, 1984) è una giovane artista che realizza video, installazioni e lavori fotografici e le brillano gli occhi mentre racconta degli ultimi due progetti a cui ha partecipato: Accesa – arte illuminata a cura di Giuliana Benassi presso Palazzo Parissi a Monteprandone (AP) – appena conclusa, domenica 24 agosto – e Off Site Art a cura di Veronica Santi presso L’Aquila, una collettiva che si configurerà come un work in progress a partire dai primi giorni di settembre e che popolerà di opere d’arte i cantieri di restauro della città.
Per la collettiva Accesa, su invito della curatrice, Federica ha interpretato il tema della luce come una ferita capace di sottolineare i difetti e allo stesso tempo “guarirli”, mentre per il cantiere a L’Aquila esporrà la grande fotografia di una sua installazione sul tema dell’arcobaleno inteso come simbolo di un confine tra la terra e il cielo, ma anche segno di speranza dopo lo sconvolgimento di un temporale, non solo in senso atmosferico.
Con lei si può passare dal discorso concreto sulle opere al piano più concettuale:
Federica, se per caso ti trovi ad ascoltare un’interpretazione del tuo lavoro diversa da quello che intendevi, come ti comporti?
Se non è completamente fuori strada la accetto. Anzi, a volte può far emergere un aspetto inconscio nascosto nell’opera, non completamente lontano da me.
Tu sei un’artista che comunica con il pubblico o che tende a non spiegare nulla?
Io credo che a volte basti un titolo o una citazione per chiarire l’associazione di idee che è alla base della maggior parte delle opere d’arte contemporanee. In ogni caso dipende da come elabori il messaggio, alcuni vogliono che parli agli altri e alcuni no. Tuttavia, in tempi come questi, se l’opera non interagisce col pubblico a mio avviso perde un valore.
Spesso gli artisti contemporanei vengono criticati perché hanno dimenticato il sapere tecnico alla base delle loro opere…
Io credo ancora nell’arte “alta”. Da Duchamp in poi puoi “spostare” gli oggetti e i concetti per trovare nuovi punti di vista, ma io resto convinta che se si possiede una conoscenza scientifica e pratica in qualsiasi campo – può essere anche la fisica o la medicina – la creatività ne beneficia e viene potenziata, si è più capaci di vedere nuove associazioni e di conseguenza di ricrearle.
Qual è il medium con cui ti senti più a tuo agio?
Io nasco come pittrice iperrealista, ma quando mi sono resa conto che riuscivo a dominare la bidimensionalità ho avuto voglia di espandere il mio spazio di lavoro. Ora è l’installazione a darmi le maggiori soddisfazioni.
Le tue opere sono punti di vista, ma come moduli il tuo sguardo?
Passo da un estremo all’altro: o guardo dall’esterno o col microscopio. Questo rispecchia la convivenza delle mie due anime: molto razionale e scientifica una – infatti, lavorando molto con la luce mi piace approfondire gli aspetti fisici e ottici – irrazionale e quasi infantile l’altra – mi piace toccare gli oggetti e le superfici, mi stupisco di tutto e penso che tutto sia possibile.
Tra un confine e l’altro, un attraversamento e l’altro, sempre alla ricerca di uno stupore positivo.
[di Chiara Ciolfi]
Il Pensiero di Giovanni Postiglione: Non rimanete mai al buio, perchè è sempre la luce la migliore strada per illuminare pensieri, forme d’arte, materie e stati d’animo interiori.