Il gioco d’azzardo viene trasformato in un gesto di creatività
Impulsivo, maniacale, frustrante. Grattare, ovvero l’atto tipico del “gratta e vinci”, è l’icona del gioco d’azzardo, ma c’è chi dall’irruenza e l’incoscienza di questo gesto ha tirato fuori consapevolezza e bellezza creando delle piccole opere d’arte e curando così la propria ludopatia.
Il gioco d’azzardo patologico è indiscutibilmente una piaga sociale largamente diffusa, per questo motivo Elisa Rodolfi, laureanda al corso di Teoria e Pratica della Terapeutica Artistica all’Accademia delle belle arti di Brera (unico polo in Italia riconosciuto dal ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca), ha redatto un progetto di tesi per contrastare il fenomeno proponendo a sette pazienti di trasformare il gesto incontrollato ed incontrollabile del “grattare” in una mossa consapevole con la quale mettere a fuoco la propria creatività.
Il percorso, concepito insieme all’ASL di Novara, ha così generato una mostra chiamata “Il colore liberato“, presente nei corridoi della Palazzina A dell’Asl di Novara fino a marzo, nella quale vengono proposti gli elaborati prodotti tramite la tecnica del graffitismo con i pastelli a cera.
L’Arteterapia è una tecnica per la cura di diverse patologie, ma è la prima volta nella fattispecie che viene utilizzata per i problemi della ludopatia. Così Elisa Rodolfi, sotto la supervisione di Caterina Raimondi, (referente dell’ambulatorio per il gioco d’azzardo) che ha individuato i pazienti più adatti al percorso, ha avviato questo percorso curativo.
Feedback più che positivi, infatti come spiega la stessa studentessa: «L’obiettivo era passare dal gesto compulsivo del gratta e vinci a quello più controllato della pittura. Abbiamo lavorato prima sul nero, poi sui colori e con materiali sempre più morbidi, imparando a trasformare il gesto compulsivo del grattare i tagliandi in uno più controllato, mirato a realizzare un’opera d’arte. È significativo anche che abbiamo creato opere molto grandi, a differenza dei mini gratta e vinci, molti hanno raccontato di aver tratto beneficio dall’attività, alcuni si sono confidati, altri ancora hanno detto di aver riscoperto il gusto di fare qualcosa di bello».
D’altra parte spiega la dottoressa Raimondi: «E’ presto per valutare i risultati, ma sicuramente è stato un approccio interessante e alternativo».
[di Roberto De Rosa]