Si svolgerà dal 6 marzo al 3 maggio nel Salone Centrale del Complesso del Vittoriano a Roma la mostra “Armenia, il popolo dell’Arca”.
ROMA – In occasione del centenario della commemorazione del Genocidio armeno la mostra “Armenia, il popolo dell’Arca” è stata promossa dal Ministero della Cultura armeno, dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia e dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede e SMOM, in collaborazione con la Congregazione Armena Mechitarista.
L’esposizione, a cura dell’Unione degli Armeni d’Italia, si propone di raccontare una delle più rigogliose culture del mondo antico. L’Armenia ha una storia ricca di fascino che impianta le sue radici nella tradizione biblica del Diluvio Universale, simbolo di rinascita e di nuova vita. E’ proprio alle pendici dell’Ararat, sulla cui cima si era arenata l’Arca di Noè, che nel VII sec. a.C. si formò il popolo armeno.
IL CENTENARIO – Oggetto principale della mostra è però la commemorazione dei cento anni dal genocidio armeno, una storia spesso passata sottotraccia ma dall’importante valore storico. I fatti risalgono agli anni 1915-1916, quando l’impero ottomano, nel timore di un’alleanza tra armeni e russi prima della prima guerra mondiale, decise di annientare gran parte degli oppositori. Intellettuali, attivisti politici e tutta quella parte di popolazione che si opponeva all’impero ottomano fu deportata in Anatolia e sterminata. Oltre un milione di morti attestati sono il bilancio di quello che viene da molti analisti definito come il primo genocidio moderno.
UNO SCONTRO SECOLARE – Le motivazioni storiche che portarono alla nefandezza del genocidio armeno affondano però le radici alla fine dell’ottocento, quando nel 1890 nell’Impero ottomano si contavano circa 2 milioni di armeni, in maggioranza appartenenti alla Chiesa apostolica armena. Gli armeni erano sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l’indipendenza, poiché la Russia aspirava ad indebolire l’Impero ottomano per annetterne dei territori ed eventualmente appropriarsi di Costantinopoli. Furono questi gli anni della prima grande pulizia che hanno posto le basi per un conflitto durato mezzo secolo che trovò una sua risoluzione solo nel 1922 quando la neocostituita Repubblica Socialista Sovietica Armena entrò a far parte del blocco URSS. Il governo turco ancora oggi contrasta il riconoscimento formale del genocidio da parte di altri paesi e mette in discussione che un genocidio sia mai accaduto. In Turchia il solo parlare di “genocidio” è un reato punibile con la reclusione da sei mesi a due anni.
LA TESTIMONIANZA E LA MOSTRA – Per ricordare tutto ciò ancora oggi il governo armeno organizza mostre artistiche ed iniziative in giro per il mondo. Raccontare, testimoniare e documentare l’olocausto armeno diventa quindi un dovere per chi vede nel ruolo sociale dell’arte un importante sbocco per l’apertura delle menti e per il sostegno all’avanzamento di coscienza richiesto in questa fase complessa della storia umana. Solo così è possibile scalare il monte dell’oblio che avvolge molte pagine della storia umana per far sì che ciò non si riverifichi. È curioso che sia proprio un monte il simbolo principale del popolo armeno: il monte Ararat. Esso oggi è un richiamo simbolico fondamentale per l’Armenia, che nel 301 d.C. fu il primo paese al mondo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato.
La mostra si articolerà in sette sezioni ricche di reperti archeologici, codici miniati, opere d’arte, illustrazioni e documenti, che racconteranno anche i rapporti tra l’Italia e l’Armenia e la ricchezza storica e artistica della presenza armena nel nostro paese.