In Principio fu Voragine: esperimento teatrale che vuole definirsi e svilupparsi ulteriormente nelle probabili repliche successive
Nel suggestivo scenario del Maschio Angioino di Napoli, il 29 e il 30 settembre, si è tenuta la lettura scenica In principio fu voragine, basata sui testi di Jean Paul Vernant, con parole di Antonello Cossia e musiche di Maurizio Capone.
Ottima la riuscita dell’evento, complice anche la location: le mura di semplice pietra e la vetrata da cui s’intravede il porto sono lo scenario ideale per l’esibizione. Vernant, storico e antropologo della civiltà classica, vede il presente come il risultato dell’inventiva greca ed esamina approfonditamente il valore del mito. Lo spettacolo prende le mosse dal suo libro “L’universo, le idee, gli uomini”. Una lettura dell’opera che passa in rassegna le origini del mondo dal primigenio Caos fin agli esordi della cosiddetta Età degli Eroi.
Interessante l’associazione con i griot, cantastorie dell’Africa Occidentale. Alla base di ogni cultura ci sono il racconto e, ancor di più, la narrazione musicale. Lanciando suggestioni ancestrali provenienti da più culture, in questo spettacolo i due mondi si fondono armonicamente. Il griot aiuta la musica, afferma l’attore e nel narrare avvicina più generazioni, proprio come i rapsodi greci.
La voce di Antonello Cossia copre moltissime sfumature interpretative. Riveste più ruoli, dal vero e proprio cantore all’interprete dei singoli personaggi, da colui che racconta quasi una favola al cronista di eventi storici. L’attore nel recitare si muove, si agita, quasi balla in una continua interpretazione a tutto tondo che sfiora anche la battitura metrica.
Allo stesso modo la musica di Maurizio Capone, rinomato per il suo suonare su strumenti innovativi creati con materiale da riciclo, ingloba ogni spettro sonoro immaginabile. Ora è colonna sonora, ora riproduce i suoni per onomatopea; le sue percussioni sfiorano l’immaginario primordiale. A tratti ricorda il coro, grazie alla scansione delle pause fra i capitoli e all’impassibilità con la quale crea una musica dialogica.
L’intesa fra i due artisti è ben visibile e ben sottolinea questo esperimento teatrale che vuole definirsi e svilupparsi ulteriormente nelle probabili repliche successive. Lo spettacolo è un’ottima spinta verso l’immaginario collettivo e personale, come afferma Maurizio Capone: «Tutta l’epica è musicata proprio perché la musica dà uno spunto d’immaginazione alle parole, cosicché chi ascolti vada oltre al semplice capire e si diriga verso una visione più onirica».
[di Francesca Lomasto]