- La barca di Dante, Musée du Louvre, Parigi
Articolo di Giovanni Postiglione
La mitologia classica è come il cilindro magico da cui estrarre il coniglio magico, come un pozzo senza fondo di inesauribili ispirazioni. Un calderone bollente di leggende e di saghe, un cast variegato di divinità troppe umane e di creature fantasticamente inesistenti, con cui gli antichi spiegavano le forze della natura, gli avvenimenti della storia antica e gli scenari della mente umana.
Chi meglio del padre delle letteratura italiana seppe saggiarne cucchiaiate succulente. Dante Alighieri. Le imprese del suo tour nell’aldilà hanno la capacità di far accapponare la pelle, di impressionare con sgomento e paura, ma anche di far sognare misticismi irraggiungibili e glorie paradisiache. E per riuscire in questo si serve di personaggi del mito.
Prendiamone uno a caso. Un certo Flegias, mitico figlio di Ares (e questo già la dice lunga) e di Dotide. Il suo nome si carica del peso dei barbari predoni, i Tessali Flegici, o forse richiama la città di Flegia. Apollo, che non stette per i fatti suoi, ne sedusse e uccise la figlia, Coronide. Per vendicarsi dell’onta, Flegias tentò di incendiargli il santuario di Delfi, ma il dio solare lo colpì con una saetta e gli inflisse una pena eterna nel Tartaro. Da qui in poi cominciò la sua follia. Questo è l’antico mito classico, mutuato dall’Eneide di Virgilio e dalla Tebaide di Stazio che lo consacrano come il simbolo dell’ira violenta e dell’irriverenza verso la divinità. Dante lo recluta come il “Caronte dello Stige”: è il traghettatore del canto VIII dell’Inferno, a cui verrà comandato di trasportare poeta e guida insieme oltre la palude dello Stige. Gli urla contro appena li vede: nonostante la trasposizione letteraria, la sua rabbia non ha subito il minimo calo.
Nel 1822, Eugene Delacroix traduce su tela questo episodio della Divina opera alla maniera di un regista di pellicola horror/gothic. Da buon pittore educato al Romanticismo – la scuola delle emozioni e della passioni, degli stati interiori e delle sensazioni incontrollabili – l’inferno dantesco è il banco di prova migliore.
Ne La barca di Dante (Musée du Louvre, Parigi) l’osservatore è proiettato sulla scena del Quinto Cerchio, sul fiume infernale. È solo grazie alle potenti virate di Flegias – nocchiere super palestrato, impegnato in ardite torsioni, a cui il panno delle nudità fa fatica a stare dietro – che la rotta si districa tra accidiosi e iracondi che minacciano il grande gozzo. Eppure la sua mole non ha peso, il suo corpo, così come quello di Virgilio sono di chi è già morto; la barca non affonda, se non per l’unica gravità procurata dalla presenza del poeta fiorentino.
Dante ha paura, una paura folle, trema e si sbianca in volto. Oltre agli spiriti dannati, deve sopportare il crepacuore anche di un improvviso sisma che fa tremare la scenografia e che illumina di “rosso vermiglio” la terra. Il suo equilibrio è precario, cerca di mantenersi in piedi sul barcone, con una mano tenta di ripararsi dal fragore e con l’altra cerca in-consciamente il sostegno e la protezione della sua guida. In una struttura compositiva che molto ha visto delle piramidi umane del collega Gericault, si animano corpi muscolosi di michelangiolesco richiamo. Emozioni intense, forti, colori scuri e tenebrosi, espressione e carica emotiva caratterizzano le figure. Una grande scena da tunnel dell’orrore.
Dallo stesso mito ci ha cavato qualcosa di buono anche Masami Kurumada. L’autore de I Cavalieri dello Zodiaco, noto manga e anime giapponese, ha ideato nel maggio 2012 un omonimo Flégiàs di Licaone, cavaliere oscuro che custodisce la Quarta Prigione del Regno di Ade, per la saga OAV Saint Seiya – Hades. Questa movie trilogia prosegue nuovi episodi dei cinque amici dalle armature celesti, impegnati a combattere contro il potere delle tenebre.
Nel regno di Ades, un degno inferno dantesco, Flegias è uno degli Specter più pericolosi. Il fumettista ha ripreso lo stesso mito classico di cui si servì il poeta Alighieri, per dar vita a questo traghettatore inquieto e dannato che guida una zattera attraverso la nera palude.
Se ancora ci ponessimo qualche dubbio sul valore del nostro passato, sulla ricchezza dell’antico, sull’immane patrimonio dell’eredità classica, e su quanta ispirazione ancora essa possa fornire alle menti creative moderne, il lontano Giappone non ci ha pensato su due volte…
[di Giovanni Postiglione]