‘Costruirsi’ modi per ‘spiccare il volo’, una delle più affascinanti e rappresentative metafore con cui descrivere l’umano desiderio di successo. Ambizione, ingegno e ostinazione giocano spesso una partita vincente contro ogni arrendevole credenza del “chi troppo vuole nulla stringe”.
Eppure il famigerato mito di Icaro non la pensa così. La sua leggenda rende fatale il ‘librarsi in volo’ del giovane figlio del mitico inventore ateniese Dedalo: secondo la maggior parte delle versioni, per scappare dalla situazione che li rendeva prigionieri del Labirinto, Dedalo costruì per sé e suo figlio delle ali meccaniche con cera adesiva, malgrado gli avvertimenti del padre Icaro si lasciò catturare dal piacere del volo e si avvicinò troppo al sole; l’eccessivo calore sciolse la cera e il giovane morì precipitando in mare.
Sebbene interpretata spesso come metafora dell’ὕβϱις, letteralmente “tracotanza”, dell’eccessiva ambizione come fatto negativo, si tratta di una storia ad ogni modo affascinante, al punto che ha ispirato nel tempo, fino ad oggi, brani musicali, titoli di album, di libri, quadri, fotografie, fumetti, addirittura videogiochi… e non in ultimo l’arte del poliedrico scultore ferrarese Massimo Fergnani.
Ma se per aspirazione ‘chi vuole andare và’, o per frustrazione ‘evade’ (e spesso ‘si vince’! Ndr), “…e vado…”. Icaro e altre sculture, è il titolo della mostra fruibile ancora fino al 10 agosto presso Villa Borromeo, Viggiù (Varese), che propone una dozzina di opere comprendente la più recente produzione di Fergnani dedicata al tema di Icaro.
Il mito è rievocato in chiave moderna e intimista. Vari sono i materiali e le tecniche impiegate al servizio di un risultato essenziale ma espressivo. A completamento dell’esposizione una serie di grandi disegni scaturiti dalle stesse sculture. Di particolare suggestione l ‘excursus poetico con cui Federico Gafert accompagnò il ciclo Icaro nel giorno dell’inaugurazione.
[di Redazione]