Il lavoro teatrale è la rappresentazione di una tipica serata di varietà nella quale dive destinate all’oblio si aggrappano all’ultimo momento di palcoscenico, con il meccanismo caro a Viviani del “metateatro” si mescola la scena e il fuoriscena e si giunge a numerose riflessioni
- Mariano Rigillo (Tatangelo e Carmen Zucconas) e Anna Teresa Rossini (Camillo Vittima)
- Eden Teatro, foto di Marco Ghidelli
- Eden Teatro, foto di Marco Ghidelli
- Eden Teatro, foto di Marco Ghidelli
- Eden Teatro, foto di Marco Ghidelli
- Eden Teatro, foto di Marco Ghidelli
“Eden Teatro”, di Raffaele Viviani, uno dei più grandi capolavori del teatro musicale del ‘900, arriva in prima nazionale a Napoli, per la produzione del Teatro Stabile di Napoli– Teatro Nazionale, presso il teatro San Ferdinando e registra il tutto esaurito l’ultima serata di replica, per poi proseguire la tournée al teatro Eliseo di Roma e all’Athénée Théatre Louis Jouvet di Parigi.
Eden Teatro vanta la regia di Alfredo Arias che ritorna all’arte del drammaturgo napoletano dopo il grande successo riscosso in Italia e all’estero con Circo Equestre Sgueglia; assistente alla regia Lucia Rocco. Una numerosa compagnia composta da grandi nomi del panorama artistico contemporaneo, tra i quali Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Gaia Aprea, Gianluca Musiu, Enzo Turrin, Ivano Schiavi, Gennaro Di Biase, Mauro Gioia, Paolo Serra e musiche eseguite dal vivo (Giuseppe Burgarella alle tastiere, Pietro Bentivenga alla fisarmonica, Erasmo Petringa al violoncello) fanno rivivere le atmosfere tipiche dei cafè chantant, nonché quel locale nel quale Viviani compì “passi da gigante” per poi raccontare di quell’esperienza nella commedia musicale che chiamerà appunto “Eden Teatro”.
Il lavoro teatrale è la rappresentazione di una tipica serata di varietà nella quale dive destinate all’oblio si aggrappano all’ultimo momento di palcoscenico, con il meccanismo caro a Viviani del “metateatro” si mescolano due piani: i preparativi e l’andata in scena, quindi la scena e il fuori scena, la vita privata degli artisti e le esibizioni. Attraverso questo antico espediente, con testi, monologhi, numeri, sortite, divertimento, splendidi costumi e prestigiosa scenografia, si giunge a numerose riflessioni: come la nostalgia di quell’eleganza tutta passata, quando c’era una certa arte nelle cose di tutti i giorni, dai vestiti alle parole, alle abitudini, alla galanteria; o come l’analisi di un’epoca andata, che a tratti si scopre non troppo diversa da quella attuale, ieri come oggi si cercava di estirpare l’esterofilia e dare dignità alla cultura italiana e alla sua lingua, si combatteva la “pornografia” per poi pensare che è innaturale farlo, si avanzavano idee innovatrici “Si dovrebbe principalmente mettere i calzoni alla donna e la gonna all’uomo, perché il calzone alla donna veste bene, senza ombra di difetto invece indosso all’uomo fa un cumulo di false pieghe. Inoltre l’uomo con le vesti potrebbe tranquillamente in ogni circostanza allungare il suo … passo, senza offendere la morale”, si tornava col pensiero a quell’epoca in cui i ruoli femminili erano interpretati dagli uomini o a quell’altra in cui le donne recitavano mascherate da uomini, si invitava l’essere umano a non istupidirsi troppo con meccanismi dove la voglia di indifferenza, di immediatezza sembrava essere ormai l’unica aspirazione collettiva “Di certo il pubblico, non parlo di quello che va a teatro, ma della grande maggioranza che a teatro non viene, è irriducibile, non si abbatte ma vi combatte con il suo assenteismo non accorgendosi di voi per affollare le ampie sale degli innumerevoli ipercinema dove spesso si impara a diventare cretini”.
Durante lo spettacolo, tra palcoscenico e sala c’è una sorta di strizzar d’occhi, una certa interazione.
“Uno spettacolo poetico, con il linguaggio umano, divertente, leggero e profondo di Viviani”, così il regista Arias descrive l’opera del drammaturgo napoletano, “Il music hall di Viviani – scrive nelle note – è come la corda del funambolo sulla quale volteggia la fragilità dell’essere umano. Non c’è niente di più accattivante del mondo di queste dive sull’orlo dell’abisso che si contendono una sopravvivenza miserabile sul manifesto e sulle tavole di un teatrino. Viviani coglie le sue creature nelle difficoltà più assurde e ridicole della vita, risvegliando in noi, spettatori, un amore per un’arte che svanisce. Ma cantare una canzone prima di scomparire nelle nebbie dell’oblio è forse la sola prova per un artista di aver vissuto e di aver testimoniato il valore poetico di quell’esistenza”.
“Un sempiterno Rigillo che non smette di sorprendere- commenta una spettatrice – una Carmen Zucconas esilarante! E finalmente mi sembra di aver rivisto Viviani!”.
Eden Teatro, per la regia di Arias, dopo Napoli dà appuntamento presso il teatro Eliseo di Roma dal 20 al 29 marzo, e all’Athénée Théatre Louis Jouvet di Parigi dal 24 al 29 maggio.
[di Flavia Tartaglia]