Oggigiorno il termine “riforma” non lascia presagire nulla di positivo ed è così, soprattutto nell’ambito culturale ed artistico, il quale è sempre oggetto di riforme pronte a lederlo piuttosto che tutelarlo.
Le modalità di stesura di una riforma, ormai, seguono due cardini fondamentali: “snellimento” ed “efficienza”, a causa della “spending review”, ovvero della “revisione della spesa”, un modus operandi che dal 2006 ha preso sempre più piede in Italia. Tramite questo procedimento si individuano le voci passibili di taglio per evitare inefficienze e sprechi di denaro.
Questi sono i capisaldi tenuti in considerazione nella stesura della nuova riforma che il ministro Franceschini sta proponendo per la riorganizzazione del MIBACT, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Questa riforma prevedrà, qualora venisse accettata, la cancellazione della Soprintendenza per i Beni Culturali dell’Etruria Meridionale che verrà accorpata a quella per i Beni Archeologici del Lazio, perdendo, di conseguenza, la sua specificità.
Le soprintendenze nascono con lo scopo di tutelare, proteggere ed arricchire i beni culturali tenendo presente le peculiarità di ogni regione, motivo per il quale vengono suddivise per lo più su base regionale. Sono presenti sul territorio italiano fin dagli stati preunitari e sono state organizzate in modo definito dopo l’Unità d’Italia. Nel 1939 nasce la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, in considerazione dello straordinario patrimonio archeologico che coinvolge ben novanta Comuni tra la provincia di Roma e di Viterbo. Già settantacinque anni fa ci si rese conto che una regione come il Lazio necessitava di una suddivisione meno generica, ma più caratterizzante.
C’è, però, chi non si arrende così facilmente di fronte alla scelta di tornare all’assetto degli inizi del ‘900: il sindaco di Tarquinia, Mazzolla, ha deciso di non restare immobile davanti a tali fatti ed ha inviato una lettera proprio al ministro Franceschini, affermando: «Con un colpo di penna sarebbe oscurato un periodo importante della storia italiana, che ha lasciato testimonianze uniche al mondo in un territorio di straordinaria valenza paesaggistica, caratterizzato dalle grandi città dell’Etruria di Tarquinia, Cerveteri, Vulci e Veio, cui si aggiungono il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma, il Museo Etrusco della Rocca Albornoz di Viterbo e il Museo del Forte San Gallo di Civita Castellana».
Inoltre, “Activism.com” ha promosso una campagna di sensibilizzazione volta a presentare una petizione online che possa contrastare questa riforma. I risultati finora ottenuti sono alquanto deludenti e certo non lasciano spazio a speranze, infatti le firme si aggirano intorno alle cinquecento.
A fronte della soglia raggiunta viene da chiedersi: Può essere la disinformazione una giustificazione all’ignoranza?
Una riforma tanto importante richiederebbe l’attenzione di tutti i media, mentre, invece, viene soffocata in silenzio su pochi siti di interesse culturale della fitta trama di Internet. Certo è che la disinformazione in queste circostanze è sempre un’attenuante, evidenziando oltre al disinteresse generale per questioni più peculiari, una comune ignoranza che circonda gli italiani nel loro ambito artistico-culturale, continuando a considerarsi “ammiratori” del proprio patrimonio, piuttosto che “protettori”, tutelandolo e curandolo, così come avviene in tutte le nazioni.
[di Chiara Pagliuca]