- Fantasma di Caruso
Da sempre Napoli con la sua storia, i suoi castelli, le sue strade, i suoi cunicoli e cavità sotterranee è stata popolata da entità oltre-umane, ‘fantasmi’ che hanno dato adito a racconti, leggende, film, visioni. Se le dimensioni dello spazio reale sono tre, Napoli, così, ne ha quattro: la cosiddetta ‘quarta dimensione’, lo spazio del soprannaturale, quello per il quale la scienza non dà prova; la fede e la credenza folcloristica vede popolato dalle anime inquiete dei defunti; lo spiritismo ne riconosce l’esistenza in sostanze rarefatte che in particolari condizioni diventano più dense, dunque visibili quanto un corpo; i sensitivi, i medium ‘vedono’ come parte della nostra dimensione, grazie alle loro altitudini percettive, come un’elitaria ‘frattura’ della mente, frattura non cognitiva ma sensibile, nella quale entra luce, ed, elaborata, esce a ‘fa luce’ su ciò che per gli altri è buio, dunque non vedono.
I FANTASMI TRA LE STRADE DI NAPOLI E PROVINCIA – Giuseppe Antonello Leone, artista avellinese ultranovantenne ma con un senso artistico tipico dell’entusiasmo di un ininterrotto scopritore, nel 2006 ha dato vita a quei fantasmi che hanno popolato la sua infanzia, nati dai racconti della mamma, della nonna. Lo ha fatto servendosi di un inedito e quasi simbolico supporto: le 50 tavole degli stradari del ‘Tutto Città’. Proprio gli assi viari di Napoli, le stesse strade cariche dei suggestivi racconti soprannaturali, sono diventate, attraverso le ‘risignificazioni’ di Leone, le ossa, le vene, dei suoi fantasmi. Ma la sua arte parte da molto prima, quando scorge quelle figure: di fronte ad una Tavola del Tutto Città, con tanto di direttive ‘A1, B3’, ‘vede’ quegli spiriti, come un sensitivo, o forse come una ‘pareidolia’, e se per certe menti non c’è immagine che non si possa estrarre allora lui le cava fuori rendendo visibile anche agli altri ciò che lui ‘vede’, “E’ così che l’invisibile si estetizza”, direbbe Leone.
L’artista ha presentato solo 33 disegni, il suo numero portafortuna già preferito per altri gruppi di opere, 33 fantasmi, realizzati con la sensibilità di uno scultore che crea figure intagliandole da un unico blocco, dai corpi asimmetrici con visi, occhi e arti intenti a fare, guardare, comunicare, ‘appaiono’ da Napoli e Provincia, da un quartiere all’altro, ogni tavola ha la sua immagine, la sua storia, sulla quale Leone fa luce dipingendo di nero le parti dei reticoli viari non ammesse a far parte dell’immagine finale. Così tra le 33 Tavole: da Secondigliano a Capodimonte vengono fuori spiriti inquietanti ma speranzosi; il fantasma dell’Ovo è annidato nello stradario di Piazza Plebiscito/lungomare Nazario Saulo, circondato da pesciolini cerca nelle fondamenta del castello l’uovo magico posto, secondo leggenda, da Virgilio a protezione della città, sul quale tra l’altro veglia un gallo sottoforma di scultura dello stesso Leone e da lui donato al Comune di Napoli; da Posillipo a Fuorigrotta vive il fantasma di Alessandro Manzoni che ascolta e risponde alle preoccupazioni sul futuro di un fantasma disoccupato; a Portici Renato Carosone suona il pianoforte per gli innamorati; nella tavola dei paesi vesuviani il benevolo fantasma Ciro vigila l’attività del Vesuvio, che la montagna ‘addormentata’ non si ‘risvegli’ mai; e tanto altro.
IL MONDO DI UN ARTISTA – Giuseppe Antonello Leone opera dalla sua bottega a Monte di Dio, ‘antro’ in cui da più di mezzo secolo produce il suo mondo figurativo che trasfigura fino quasi a renderlo astratto, un mondo di cui è precursore ma che forse troppo tardi è stato identificato come meritava, grazie al critico Philippe Daverio che lo ‘scoprì’ e dal 2006 ne ha fatto un’icona dell’arte moderna. Leone ha attraversato la storia artistica del Novecento con tutta la sua complessità, lavora con il pensiero del quale si serve, anzitutto come sperimentatore, per trarre fuori figure di ogni genere e significato dai materiali più eclettici, come carta, plastica, fil di ferro, legno, pietra, bronzo, ma soprattutto da avanzi di oggetti quotidiani recuperati dappertutto per i quali ‘riscrive’ una nuova vita, egli stesso ama definirsi un “risignificatore”, esempio perfetto è una pietra rinvenuta in un campo che Leone ha ‘risignificato’ in una testa di Omero, la quale fu inserita tra i ritratti temporanei del Museo Archeologico di Napoli. È inoltre un disegnatore dal tratto veloce e graffiante, opera la tecnica dello strappo nel quale è secondo solo a Mimmo Rotella, con disinvoltura passa dalla pittura alla scultura che gli ha commissionato parecchie opere divenute famosissime.
[di Redazione]
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