Ozpetek ha raccontato il suo ultimo lavoro: la regia della Traviata di Verdi. Un approccio quasi cinematografico quello di Ozpetek, il quale riesce a riprodurre nel teatro effetti quali il primo piano, lo zoom, la scena d’insieme.
Si è tenuto mercoledì 4 novembre l’incontro con Ferzan Ozpetek alla Feltrinelli di Via Chiaia, Napoli. Egli ha qui raccontato il suo ultimo lavoro, la regia della Traviata di Verdi, già rappresentata nel 2012, con le scenografie del premio Oscar Dante Ferretti e la direzione del maestro Mario Mariotti.
L’appartenenza dell’opera lirica al suo compositore è un punto d’onore per il regista, il quale ha specificato che non amerebbe sentirla nominare: la “traviata di Ozpetek”. L’Opera semmai appartiene a tutti coloro che vi hanno lavorato.
Vuole soprattutto che l’Opera entri nella quotidianità delle nuove generazioni, insieme ai libri e al concetto di “ascoltare”, opposto a quello di “studiare”. La cultura e l’arte sono elementi fondamentali per quest’uomo che non se ne priva nemmeno nelle sue opere cinematografiche.
Variegati e molteplici sono i tratti distintivi e peculiari dell’artista presenti in questa regia: l’Opera è stata spostata al 1919, in un mondo borghese ispirato al lavoro di Proust.
Nella Traviata egli ci tiene inoltre ad accentuare i contrasti utilizzando due colori, il rosso e il bianco (un caso? N.d.R.), per distinguere la passione dalla tranquillità, la città dalla campagna.
Un approccio quasi cinematografico quello di Ozpetek, il quale riesce a riprodurre nel teatro effetti quali il primo piano, lo zoom, la scena d’insieme. Elementi utilizzati allo scopo di sottolineare una caratteristica fondamentale per il maestro: l’interpretazione. Egli la mette in primo piano adattando di volta in volta i personaggi al proprio ruolo, senza travolgerne il senso originario. Dimostra, infatti, una spiccata stima per il personaggio di Violetta. Alfredo è invece “un po’ tonto”, la qual cosa viene più volte rilevata.
Si nota che il regista ha la grande capacità di accentuare l’implicito, come il rapporto fra Violetta e Germondt padre, aggiungendo molto del suo stile personale senza traviare la volontà del compositore.
Ferzan Ozpetek afferma: «L’opera è un virus», una “malattia” a lui trasmessa dalla madre. Indubbiamente, grazie al lavoro di un regista del suo calibro, all’impegno nel cercare di renderla più fruibile e al lavoro che reinventa e innova se stesso mantenendosi sempre vivo, si può davvero sperare di esserne contagiati!
[di Francesca Lomasto]