Tema di questa settima edizione è: realityvism. Termine con il quale si intende comunicare una sorta di spersonalizzazione: nell’attualità non è più l’uomo ad essere misura di tutte le cose ma sono le cose ad assorbire l’uomo.
Flussi, Festival internazionale delle arti mediali, giunge alla sua 7° edizione. Presso il teatro Carlo Gesualdo e la Casina del Principe, il Festival ha animato Avellino (Campania) con concerti, dj set, workshop, installazioni ed eventi speciali.
Dal 26 al 30 agosto, protagonista del capoluogo irpino è stata la sperimentazione musicale, l’arte e la cultura digitale.
Tema di questa settima edizione è: realityvism. Termine con il quale si intende comunicare una sorta di spersonalizzazione: nell’attualità non è più l’uomo ad essere misura di tutte le cose ma sono le cose ad assorbire l’uomo. Quest’anno si affronta, in modo critico e al contempo costruttivo, la digitalizzazione delle nostre vite, costantemente connesse e mediate dalle tecnologie, che a furia di socializzare ogni nostro atto, si frappongono tra noi e l’esperienza delle cose, producendo una lenta ma inesorabile perdita di Realtà. C’è bisogno allora di trovare in essa il rimedio, affinché la nostra socialità reinventi pratiche e politiche che attraverso la rete escano dalla rete per contagiare la vita.
Lungi dall’essere solo una premessa filosofica, questo tipo di meccanismo è ciò che si è provato a proporre durante tutto il corso di Flussi: artisti e pubblico del festival di arte digitale (musica elettroacustica, musica elettronica, installazioni, performance, ecc.) hanno avuto davvero poche chance di rimanere passivi.
Probabilmente l’esempio più calzante è quello delle installazioni, in quanto si tratta di opere che includono l’interazione col pubblico. Con “Kitchen”, di Rino Petrozziello, alimenti e utensili utilizzati normalmente in cucina hanno assunto una propria dimensione sonora; con “Spazio di risonanza”, di Massimo Scamarcio e Neal Peruffo, il rapporto tra spazio e suono è divenuto palpabile davvero a chiunque.
Una cinque giorni, dunque, con un programma ricco e serrato. Attraverso diversi workshop e performance è stato possibile comprendere la prospettiva di artisti concentrati su un modo di concepire la musica che, nonostante sia diffuso agli inizi del secolo scorso, viene tutt’ora recepito come assoluta novità. È stato il caso di eventi come HappySynth e VoiceLab. Durante quest’ultimo evento, un workshop a cura di Ute Wasserman, i partecipanti hanno avuto modo di avere a che fare con un modo di intendere la voce all’interno della musica molto differente da quello utilizzato nella tradizione.
Tra gli eventi speciali è doveroso menzionare anche la conduction a cura del Maestro Elio Martusciello che ha coinvolto musicisti e persone con disabilità, svoltasi nel corso della serata conclusiva del Festival.
[di Ambra Benvenuto]