I luoghi sono spesso fonte di ispirazione per gli artisti, dall’alba dei tempi, luoghi che già nella loro oggettività appaiono meravigliosi, oppure luoghi dalle sembianze solitarie, non immediatamente incantevoli eppure soggetti favoriti, perché i luoghi hanno un’anima. Quando il tempo muta la bellezza in desolazione resta la forza evocativa di quei ‘paradisi perduti’ e la sensibilità di chi sa cogliere quell’anima.
Una fotografia di grosso formato che ritrae una ruota panoramica dimenticata, visivamente vittima dell’incuria del tempo, che si staglia in un triste orizzonte dell’Armenia, ma che suggerisce piuttosto “musica da fiera, e voci, risate e grida, come se il mondo non esistesse ” facendo perdere il senso del tempo esteriore ed immergendo in quel tempo interiore fatto di memoria, un luogo dell’anima, invisibile, introduceva alla mostra fotografica di Wim Wenders allestita nelle splendide sale di Villa Pignatelli, Napoli. Dopo alcuni mesi dalla tappa partenopea, quei luoghi che non ci sono più perché dimenticati dalla virtualità dell’epoca contemporanea, dall’utilizzo delle nuove tecnologie digitali, dalla crudeltà della storia, ma ancora ‘visibili’, colti e fotografati da Wenders, sono proposti a Roma, nella mostra titolata ‘Urban Solitude’, a cura di Adriana Rispoli, fruibile fino al 6 luglio presso Palazzo Incontro.
«Alcuni dei luoghi che ho fotografato stanno per scomparire, forse sono già scomparsi dalla faccia della terra. Il loro ricordo dovrà aggrapparsi alle immagini che abbiamo di essi». Regista noto immediatamente al grande pubblico come esponente di spicco del Nuovo Cinema Tedesco, ma artista completo che si esprime in diversi linguaggi come quello dell’arte fotografica, Wim Wenders nel corso del tempo ha difatti realizzato un’infinità di scatti mettendo la sua capacità di ‘vedere’, ‘capire’, ‘sentire’, non solo nei suoi film, che gli hanno valso riconoscimenti e successo internazionale, ma anche dietro ad una macchina fotografica. Per lui la fotografia «…è uno strumento capace di tener vivo il ricordo, salvaguardando ciò che fissa come immagine da una incombente e spesso inevitabile dissoluzione fisica. Il valore del paesaggio nella fotografia di Wenders non sta nel luogo in sé (…), quello che potrebbe sembrare il ‘niente’ diventa il posto che più di qualsiasi altro offre l’opportunità di rivelare il senso e il valore dell’esistere», raccontava Denise Maria Pagano, Direttore della sede espositiva napoletana, proprio come accade per quei frammenti di realtà dell’Armenia, della Germania, del Giappone che Wenders immortala, anzi, rievoca nelle sue fotografie.
L’esposizione romana, proprio come quella napoletana, consta di un corpus di scatti di diverso formato accompagnate da un testo scritto, dal sapore poetico, che l’autore associa a ciascuna fotografia, perché quelle immagini siano occasione per il visitatore: da un lato per entrare in contatto ognuno con i manifesti della propria interiorità perché “…dalla mia lunga esperienza nel cercare i luoghi ho imparato che si tende a trovare esattamente ciò che si desidera trovare. Altre persone trovano cose incredibili, ovviamente, ma sembrano raggiungere risultati diversi rispetto ai miei. Hanno mentalità diverse, prima di tutto, e sono alla ricerca di altro”, scrive l’artista; e dall’altro, grazie agli appunti esplicativi dell’autore, perché si possa rendere comprensibile nello specifico il senso che per l’artista ha quel documento visivo, ed introducono così l’osservatore nell’intimo del pensiero di Wenders al momento dello scatto.
Nelle fotografie in mostra i protagonisti sono i luoghi, mentre le persone sono assolutamente assenti. Contesti urbani, illimitati paesaggi naturali, privi della figura umana, eppure l’uomo c’è, l’uomo è il segno che ogni luogo ha e che, proprio come fa il tempo, gli ha reso quell’aspetto che è diventato.
Ed allora prima di assistere al deterioramento inevitabile, forse Wenders ad un certo punto, fotografando delle case cieche, senza finestre, immortala e appunta un valore, qualcosa che non ha a che fare con il ‘Dopo’, chiaramente visibile nei suoi scatti, ma è il valore del ‘Prima’ e del ‘Durante’, quello che ‘ora’ è invisibile, perchè ‘dopo’ è assenza che è l’unico elemento che Wenders ha sempre ben presente, e che le sue fotografie vogliono rendere visibile… “A volte l’assenza di una cosa ne sottolinea la sua importanza. Soprattutto se si tratta di qualcosa che noi diamo per scontato. Come le Finestre …”.
[scritto per vivonapoli.it – articolo di Flavia Tartaglia, fotografie di Fabiana Roatti]