L’amore nella storia dell’arte.
Articolo di GIOVANNI POSTIGLIONE
Baciatevi con amore, sincero e vero, baciate con gusto chi amate veramente. Ma soprattutto baciatevi con arte. E mentre lo fate ricordate che il bacio è e rimane sempre quella famosa “parentesi rosa tra le parole ti amo” che ha ispirato le più alte manifestazioni di creatività artistica. Pittura, musica, disegno, scultura, letteratura, cinema, mosaico e tutte le Muse dell’Arte decorativa hanno raccontato il bacio attraverso il talento dei loro autori. Molteplici significati, infinite letture, diverse forme, storie vere o fantastiche che hanno sempre un autentico valore didattico.

Giotto, Storie della vita di S. Gioacchino, L’incontro alla Porta Aurea, 1304-06 Cappella degli Scrovegni di Padova
Pur essendoci già dei precedenti di notevole spessore umano nelle tavole bizantine, nelle storie bibliche affrescate sui muri altomedievali o nei mosaici coloratissimi di età paleocristiana, il primo bacio con “vero sentimento” è figlio del genio artistico di Giotto di Bondone. Nei primissimi anni del XIV secolo, la Cappella degli Scrovegni a Padova raccoglie l’eredità di un dolcissimo affresco d’amore. È il Bacio di Giacchino e Anna che ha il sapore di un miracolo, di una benedizione divina. Alle soglie della Porta Aurea, i due anziani coniugi riaccendono la speranza della loro stirpe. Si riconoscono e avvicinano le loro labbra, ad occhi aperti (con tanto di vere rughe e zampe di gallina!), è la conferma di quel sogno divino. Le dita della sposa israelita accarezzano la barba del consorte galileo, avvolti in un abbraccio di dolce virilità in cui i volumi dei corpi si fondono. Un bacio, una matrimonio autentico che non si ferma. È il bacio di due sposi che sfidano l’umiliante sterilità e il rifiuto della società, è il bacio dell’alcova benedetta da Dio, del talamo nuziale maturo. Non esiste età per ritrovarsi e per ricominciare ad amarsi con una marcia in più.
In tutto il mondo dell’arte almeno fino ai secoli XVII e XVIII, il bacio continua a uscire in scena soprattutto come segno di devozione religiosa, di rispetto per il sacro, di adorazione (adorare significa “baciare”) e di umile servizio. Rarissimi i casi di un bacio laico, privato, comune, fisico, quasi nulla, il dono delle labbra è ancora relegato in pudichi schemi e non incontra il pubblico spettacolo.
Si fissano su tavole e tele intere generazioni di santi, di apostoli e di beati che baciano le mani della Vergine sul letto di morte o ritti in piedi nelle sacre conversazioni. Dall’altro lato, tante Vergini Madonne posano con i loro Bambinelli in continui giochi di baci teneri e affettuosi; poi, si ritrovano piegate dal dolore a poggiare le amare labbra sul legno della croce o sulle piaghe e sui piedi del Figlio morto, in strazianti Deposizioni e Pietà dipinte in tutta l’Europa. Committenti, monaci, sacerdoti, laici e devoti perpetuano il rito del bacio religioso per trasmettere dunque l’amore per Dio e per Santa Madre Chiesa.
Nella stagione del Rinascimento, le menti intellettuali ispirate dalle filosofie dell’Umanesimo si ribellano adottando temi della mitologia e del mondo classico in cui scappano i primi baci scandalosi della storia dell’arte. Venere e Cupido nell’allegoria di Angelo Bronzino sconfinano in un incesto di famiglia (1540-45,National Gallery of London): zero sentimento, zero affetto, solo provocante sessualità, pose erotiche e mani ardite, ma tutto è destinato alla privacy di Francesco I di Francia.
Bacio orgasmico quasi tra il Giove e Io (1530, Kunsthistorisches Museum di Vienna), dipinto dal Correggio per un ciclo ancora una volta privato. Un mito classico viene reso con connotazione quasi pornografica: il padre degli dei è una nuvola antropomorfa che seduce e concupisce la donna con vero atto carnale. È il bacio del sesso, a cui segue il piacere della donna.
Nella scultura, il gruppo mitologico di Amore e Psiche è di sicuro il prodotto plastico che meglio blocca nel marmo la passionalità dell’atto del bacio e della tempesta dei sensi. Il maestro Antonio Canova mette sulla piazza un momento classico lavorato con fine erotismo, ma di sconvolgente e violento impatto figurativo. Corpi avvolti, da diverse diagonali, in volo, si concentrano in un unico punto di forza magnetico: pochi centimetri che separano le labbra prossime a scocchiare. L’Amore cieco che follemente si innamora di una creatura terrena, il divino che si unisce alla mortale, quelle storie impossibili. È quel bacio in cui non si capisce più niente, dell’eros che continuamene si consuma nell’incontro notturno. Ma per natura Amore è anche l’opposto di Psiche, mente e cuore probabilmente non si incontreranno mai, ci sarà sempre qualcosa che li combatte e li separa.
Dal 1859 in poi tutto il mondo degli innamorati, dei passionali e dei sognatori troverà la sua pace con l’icona più rappresentativa dei loro baci. La tela Il Bacio di Francesco Hayez (Pinacoteca di Brera, Milano) è il simbolo del romanticismo italiano, l’immagine dei giovani amanti che si avvolgono in un sentimento senza tempo. Il bacio che ti toglie l’anima e il fiato. Un attimo, in un luogo ancestrale di medievale ricordo, dove la spavalda gamba di lui che poggia sullo scalino compensa la posa abbandonata di lei che si aggancia con una sola mano per reggersi. È probabilmente l’intenso bacio alla francese, è quel bacio rubato e voluto prima di partire, prima di separarsi, l’ultimo suggello per lasciare la traccia nel cuore.
Perduti i lumi della ragione, nel XIX secolo ritorna la voglia del sentimento. La letteratura romantica scriverà le sue migliori pagine sulle più belle storie d’amore tratte da canzoni medievali e racconti cavallereschi. Numerosi pittori ne approfitteranno per i loro capolavori da cavalletto, come fece Domenico Morelli, di scuola napoletana, nell’amore visionario del Bacio tra Ginevra e Lancillotto, ispirato dal galeotto libro.
Il Novecento è arrivato: via libera al bacio dell’arte in tutti i sensi. Cadono le inibizioni figurative e i soggetti esprimono emozioni, sensazioni, espressioni e concetti in modo rivoluzionario.
Pesa due tonnellate circa il Bacio di marmo di Auguste Rodin (1888-1889 circa, Musée Rodin, Parigi). Il Michelangelo di Parigi nel suo gruppo scultoreo non finito si consacra campione della sensualità e dell’erotismo. Corpi che si cercano e si fondono tra le spire della lussuria: da un lato il realismo che scorre tra le mani dello scultore rivoluzionario e dall’altro già è impressionismo nei corpi nudi che vibrano piacere e desiderio, tremando per l’amore di coppia pronto a consumarsi. E ancora una volta è la donna a prendere l’iniziativa, torcendosi.
Edward Munch regala un Bacio della finestra (National museet for kunst, Oslo, 1892) mentre Gustav Klimt nel 1907 torna ad un pittura in 2D compensata con una nuova potenza espressiva fatta di luce, colore, metafisica, sogno e simbologia. Il suo Bacio (Österreichische Galerie Belvedere, Vienna) ha una potenza tale che la femminilità si sfalda in una pura rappresentazione di sensualità e abbandono, finendo in ginocchio. Due sessualità distinte – linea e curve – ma fuse nelle vesti auree come parti di un solo gioiello. Un prato traboccante di fiori che esprime la spensieratezza di una primavera interiore: quando baci è baci sempre primavera! Una donna protagonista mai come prima d’ora a cui l’uomo dedica tutte le sue attenzione (prendete nota!). Klimt sposta l’obiettivo del bacio non tanto in quello che si vede, ma in quello che si sente. Il quadro spiega la famosa alchimia epidermica del bacio, l’artista ha sognato le sensazioni del bacio come esplosioni psicologiche che sanno di cosmico. Il bacio che fa volare la testa oltre le stelle. E si, c’è anche dell’erotismo, ma elegante, diluito, la fusione dei corpi in una sola carne, che non c’è ma che si sente. Un bacio così è simbolo di una coppia in armonia perfetta, è simbolo di un rifugio dalla sofferenza e dalle incertezze della storia e della vita.
Per deformazione professionale Pablo Picasso scompone il Bacio (1925, Musée Nacional Picasso a Parigi) di un uomo e una donna così stretti tra loro che è difficile distinguerli. Poco dopo, nel 1928,
Gli Amanti di Magritte (MoMa di NY) si danno appuntamento per baciarsi incappucciati: è un bacio inquietante, che parla più di morte che di vita, sono quei baci che non comunicano, bendati, muti, privati di vista e di tatto, come di due che non possono conoscersi. L’artista vede oltre le cose, una pittura onirica con molteplici punti di significato. I baci prigionieri della morte, l’ultimo ostacolo alla vita. Prima di lui, lo stesso sapore di tragico preludio di morte è anche nel bacio metafisico di Ettore e Andromaca (1917, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) di Giorgio De Chirico. E la lista dei baci nell’arte contemporanea continuerebbe ancora con altri grandi capolavori.
Tutt’altra storia è il testimone dell’arte nelle mani della fotografia e del cinema, che dedicano al bacio frame e scatti in bianco a neri, o a colori, sulle note delle più romantiche canzoni d’amore. Il bacio rubato dal nel 1950 dal fotografo Robert Doisneau ai due giovani innamorati davanti a l’Hotel-de-la-Ville a Parigi (che è in realtà è una posa costruita per la copertina americana Life), alla scena di Rossella O’Hara preda d’amore nel bacio de Via Col Vento (V. Fleming, G. Cukor, S. Wood, USA, 1939) a quell’ultimo saluto prima di partire in Casablanca (M. Curtiz, USA, 1942), a quello bagnato sotto la pioggia in
Colazione da Tiffany (B. Edwards, USA, 1961). Sono i baci romantici che sfidano le difficoltà, magari privi di un lieto fine, ma pur sempre evergreen nel firmamento sentimentale. Accanto a loro anche il mondo dell’animazione non scherza con baci famosi, da quello miracoloso del principe disneyano di Biancaneve (USA, 1937), a quello canino de Lilli e il Vagabondo (USA, 1955) a quello emblematico de La Principessa e il Ranocchio (USA, 2009).
Ed ancora, il bacio dannato di Giuda l’Iscariota traditore, a cui il Cristo della Cattura del Caravaggio non si sottrae (National Gallery di Dublino, 1602), il murales politico
The Fraternal Kiss (1991) di Dmitri Vrubel sul muro di Berlino, il bacio concettuale di Feliz Gonzales-Torres che innalza in un angolo del MOCA di Los Angeles una piramide di baci Perugina (Untitled – A Corner of Baci, 1990, puro minimalismo al sapore di cioccolato!) il provocatorio bacio gay dei poliziotti di Bansky (Kissing Coppers, 2004), che spiazza i muri della Grande Mela.
[di Giovanni Postiglione]