Questo mondo luccicante e pieno di bei sentimenti che cercano di venderci sui social network è in realtà l’illusione collettiva del XXI secolo e noi non siamo altro che cavie al centro del più grande esperimento sociale della storia di questo pianeta. Siamo degli insetti umanoidi che dedicano tutta la loro esistenza alla colonia, costretti a trascorrere la totalità del loro tempo a lavorare per la società spersonalizzante nella quale sono prigionieri. Per tutta la vita andiamo avanti e indietro per assolvere i compiti apparentemente sensati che la società ci impone, muoviamo le nostre antenne per scambiare con le altre formiche opinioni vuote e inutili vendute al prezzo di una manciata di likes e retweet all’interno di un pacchetto all-inclusive sulla consapevolezza di come vivere la vita da perfetta scimmia sapiens, ben integrata nel suo squallido habitat urbano, mentre sullo schermo della stazione passano le immagini dell’ultimo modello di smartphone e sui manifesti pubblicitari una ragazza sorride mentre impugna un detergente intimo, o una laurea, o un dentifricio. Non ha importanza. Ciò che conta è che tu ti lasci convincere da lei, convincere non tanto a comprare quei prodotti ma a credere che sia sensato l’intero sistema fatto di immagini accattivanti e perfette, di luci che ti entrano in testa, di paradigmi sul come vivere che ti aggrediscono da ogni lato, per far sì che tu faccia il tuo dovere da ingranaggio il cui compito è lavorare, guadagnare, spendere, lavorare, guadagnare, spendere, così da nutrire l’economia e la società, le quali non si nutrono tanto dei tuoi soldi quanto del tuo tempo e della tua intera vita.
Tu non sei niente. Sei la parte infinitesimale di un organismo sociale che vive anche senza di te e che ti utilizza soltanto a proprio vantaggio, tenendoti per tutta la vita in uno stato di dormiveglia, di ipnosi, così che tu abbia gli occhi aperti ma sia incapace di vedere l’abominio nella sua interezza, ovvero la macchina sociale che vive di vita propria, che utilizza gli individui come piccoli ingranaggi sostituibili che passano la loro intera esistenza ad agire e lavorare in funzione dell’organismo, completamente alienati nell’idea stessa di società.
Il futuro che ci hanno venduto era in realtà il niente assoluto confezionato in un bel pacco regalo con il fiocco e tutto il resto, e noi lo abbiamo pagato al prezzo del tempo della nostra unica vita. E allora a volte c’è bisogno di fare qualcosa di folle e di avventato per riaffermare, sia pur momentaneamente, la natura bestiale e selvaggia che vive in ognuno di noi nel tentativo estremo di staccare il nostro encefalo dal cavo che ci tiene ancorati al generatore universale di pensieri che devono riempire la nostra testa. Ma non siamo neanche sicuri che questo sia possibile. Per quanto ne sappiamo, persino i nostri pensieri, persino queste parole che stiamo leggendo potrebbero non essere nostre.
[di Francesco RS]