Il writing: da “magia” a “modalità d’espressione”. Marco De Rosa chiarisce questa e tante altre curiosità
Da anni ormai si discute del writing: arte o atto vandalico?
Ricordiamo, prima di tutto, che ci sono tante distinzioni da fare.
Cos’è il writing? In parole semplici potremmo definire il writing come la pratica di disegnare solitamente sui muri di strade più o meno trafficate che in alcuni casi diventano vere e proprie gallerie d’arte a cielo aperto. Ciò accade perché, come tutte le immagini, i graffiti possono tirare in ballo anche argomenti che ci stanno a cuore (probabilmente il caso più famoso e “pop” è quello di Bansky). Purtroppo spesso e volentieri il writing viene additato come forma di vandalismo: la questione è controversa ed effettivamente scrivere il proprio tag (ovvero il nome del writer) senza un disegno di accompagnamento può costituire una sorta di “inquinamento visivo”.
IL WRITING. LE ULTIME INIZIATIVE – Il writing sta finalmente arrivando anche in ambienti che solitamente vengono ritenuti più raffinati quali le mostre. Tali esposizioni vengono programmate, come la rassegna su Obey al Palazzo delle Arti di Napoli, in corso fino al 28 febbraio; oppure vengono create assecondando ciò che la città offre. Rimanendo in territorio napoletano, il Dipartimento della Gioventù ha creato Napoli Paint Stories: una mappa del centro della città di Napoli in cui poter ammirare diversi graffiti degni di nota.
Insomma: qualcosa sta cambiando. Il writing, arte di strada (street art), inizia ad essere considerato anche sotto altri aspetti. Ma prima di esaminare i vari spunti di riflessione che il tema offre, facciamo un passo indietro.
IL WRITING. LA NASCITA – Da dove nasce il writing? Si rivolge soltanto a un certo tipo di persone o coinvolge anche tutti gli spettatori? È un fenomeno attribuibile a un’epoca storica o c’è qualcosa di più? Con cosa si intreccia?
Pensando alla radice del writing, ad esempio, secondo il giovane writer Marco De Rosa (i cui lavori sono visibili alla pagina facebook che porta il suo nome)
«Il writing ha origini più antiche di quel che la gente di solito gli attribuisce. È dalla preistoria che la gente scrive sui muri come rito propiziatorio, come affermazione poi, e in seguito come arte. Ma il gesto primordiale secondo me era lontano dall’arte. Era ‘magia’. A me non piace definirla ‘arte’ ma ‘modalità di espressione’. Poi naturalmente negli anni ’60/’70/’80, grazie ad artisti come Keith Haring, Basquiat e decine di altri, il writing si è spostato dalle strade alle gallerie e alle case dei collezionisti.
Oggi molti writer sono definiti anche veri e propri artisti contemporanei e sono quotati. Furbizia? Opportunismo? Non importa, ci avevano già pensato Dalì, Picasso, Warhol a trasformarsi in macchine da soldi prima, quindi non c’è da vergognarsi. Anche se diciamo che alcuni puristi non lascerebbero mai la strada per una tela appesa in un museo. Quindi secondo me il legame è strettamente temporale, la cosa si è evoluta, e, mi spiace dirlo, in parte economico.
Di buono c’è che il writing, evoluto in street art (stencil, installazioni, poster) e illustrazione ha contaminato tante altre arti, la fotografia, la moda, la musica. Questo dimostra che qualcosa di buono i ‘vandali’ lo hanno fatto negli anni, trasformando un’espressione pubblica, ma ‘nascosta,’ in una serie di elementi espressivi e poetici alla portata di tutti. Personalmente a me piace pensare di fare disegni che fanno bene a me, agli altri e ai luoghi nei quali li faccio, non pensare di fare arte, quello deve dirlo chi guarda, se vuole.
Spesso faccio mostre, espongo tele e stampe ma sicuramente il richiamo del muro, il lavorare di nascosto o con gli amici o mentre il pubblico ti guarda è mille volte meglio. Mi piace anche sviluppare progetti di recupero urbano o progetti di writing per bambini. Allora sì diventa arte, con un fine anche sociale. Il bello del writing è che non è una toppa per luoghi degradati, è un fiore all’occhiello».
IL WRITING E IL PUBBLICO – Chi si interessa dell’aspetto sociologico dell’arte non può fare a meno di riflettere sul rapporto sussistente tra chi crea e il fruitore dell’opera d’arte in questione. Nel caso del writing, una scritta pubblica è rivolta a qualcuno in particolare o mirata a colpire chiunque?
Un’altra questione che riguarda specialmente i tempi attuali è poi quella della fotografia: con il writing si vengono a creare dei disegni che è difficile considerare permanenti. A questo punto è bene sottolineare anche il lato ‘suburbano’ spesso associato al writing, come emerge dal confronto con Marco su questa tematica:
«Secondo me il writing è pubblico. In quanto tale è di tutti. Essendo di tutti, come una panchina, come i treni, come le fontanelle, sta ad ognuno di noi farne un uso responsabile. Se tu sei un writer dovresti essere responsabile a tua volta, non distruggere, non vandalizzare, non rovinare. Dovrebbe arricchire. Purtroppo però siamo un popolo con scarsissimo senso civico quindi anche se realizziamo opere belle e legali, è facile che queste vengano poi rovinate da terzi».
FOTOGRAFIE: SI O NO? Una problematica appartenente soprattutto ai tempi che viviamo oggi è quella che lega l’opera d’arte alla fotografia. Nel momento in cui si crea un graffito è giusto rassegnarsi alla sua temporalità o è meglio fotografare quanto appena fatto per renderlo eterno? E nel caso della fotografia, l’opera finisce resta il ‘graffito’ o diventa la ‘fotografia’?
Marco De Rosa risponde che è bene documentare tutto il corso d’opera del writing, evidenziando come dietro un atto spesso ritenuto mero divertissement ci siano pensieri, voglia di comunicare le proprie idee, pianificazione. Quindi, sì alle foto, prima e dopo:
«Per me è importantissimo che le opere siano fotografate, sia in corso d’opera che una volta finite, aiuta a preservarle. Se poi uno vuole reimbarcare il muro, se un altro writer prende quello spazio, se io cambio idea e ci disegno sopra, avrò sempre una testimonianza di quel che è stato, le foto mi permettono di non essere troppo attaccato a un’opera “effimera” e mi spinge a migliorare. Questo perché tanto sapendo che ci sono le foto posso sempre cancellare e ridisegnare. Il lato artistico comprende tutte e due le forme di espressione, sia il disegno che la fotografia, purché almeno una delle due cose sia di buona qualità. Un graffito brutto ma fotografato in modo eccellente è una bella foto, una foto brutta non sminuisce il lavoro del writer. Una bella foto di un bel graffito è qualcosa di eccezionale».
WRITER: SI E’ O SI DIVENTA? Secondo alcuni, bisogna prima essere eccezionali nel disegnare in modo tradizionale, con matite e fogli o pennelli e tele, per poi poter passare alle bombolette e alle pareti, dove cancellare diventa un po’ più difficile. Ma è davvero così? Se nel disegno tradizionale esistono delle tecniche per cercare di affinare il proprio tratto e dall’altro lato c’è quell’irriducibile componente di talento, come funziona nel writing?
Mai come su questa questione in particolare probabilmente il dibattito deve rimanere aperto, non essendo mai stato chiarito del tutto neanche sugli altri fronti. Per quanto riguarda Marco De Rosa, però, non ci sono molti dubbi, l’istintività e il talento hanno ruoli importanti. Inoltre, bisogna ricordare che il writing rimane un’arte che è ‘di strada’ e come tale ha tante sfaccettature da considerare (come emerge dalle considerazioni seguenti, si creano ad esempio le “crew”):
«Gli step fondamentali secondo me non riguardano la tecnica. Tu dipingi a pennello e io con le bombolette, io cucino solo messicano e tu solo thailandese. Sono stili. Ognuno ha il suo e fino qui nulla da dire. L’importante secondo me è un senso di responsabilità e coscienza che ogni writer deve acquisire. Devi imparare che il writing è una disciplina che nasce su strada, illegalmente, ma che può aiutarti a stringere amicizie, a socializzare, a creare una “crew” di amici veri. Può aiutarti a guadagnare qualche soldo e anche a sviluppare progetti sociali, culturali davvero importanti.
Devi fare tanta ricerca sia stilistica sia di concetto se vuoi emergere. Non puoi metterti a lasciare segni in giro che siano decontestualizzati, che non tengano conto della storia, così rischi di diffondere messaggi sbagliati o di dare significati errati. La potenza di un marchio o di un segno è immensa e spesso sottovalutata. Devi sapere come batterti per trovare spazi che ti diano libertà di espressione e evoluzione non solo agire come un ninja nella notte. Serve tempo per imparare, meglio esercitarsi tanto prima di arrivare su muro, meglio fare delle bozze.
Devi fare i conti con il fatto che molti writer agiscono con un fare da “gangsta” e quindi cercheranno di sbatterti fuori dalla scena, succederanno litigi, meglio saperlo da subito. Meglio mantenere un profilo discreto, non esagerare con l’egocentrismo. Mai guardare a un altro pensando che sia inarrivabile e essere invidiosi, meglio sviluppare una propria personalità.
I materiali sono costosi, a volte pericolosi (meglio usare sempre maschera e guanti) e i rischi sono enormi se non si è responsabili, inutile lamentarsi se si viene ‘pescati’ a disegnare senza permessi o in luoghi chiusi dove è vietato entrare. Non si può fermare il fatto che il writer abbia una componente di illegalità me meglio essere consapevoli delle cose che potrebbero succedere.
Quello che consiglio sempre di fare a chi comincia è di dipingere pensando che altri vedranno lui all’opera o che altri vedranno le sue opere quindi meglio dipingere col sorriso invece che con la rabbia o con una foga distruttiva. Tecnicamente consiglio di guardarsi in giro, attingere al proprio background, fare bozze su carta, capire cosa si vuole e impegnarsi a raggiungerlo. Per background intendo che se a me piacciono i cartoon o i fumetti Marvel, magari dipingerò con quello stile, se sono cresciuto in Russia, le mie lettere avranno dei tratti simili all’alfabeto cirillico ecc.
Bisogna partire da ciò che si conosce bene. Le bombolette vanno usate velocemente, con tratto sicuro e deciso, possono essere mescolate ad altre tecniche pittoriche o usate con gli stencil.
Imbiancate sempre le superfici da disegnare, aiuta il colore ad attaccare. Meglio un muro un po’ poroso ma non umido. I colori moderni offrono la possibilità di ottenere sfumature, effetti, tratti davvero incredibili. Inoltre se si sbaglia si può coprire facilmente con un altro colore. Basta non dimenticarsi mai di sperimentare, e naturalmente di divertirsi il più possibile!»
[di Ambra Benvenuto]