In una stanza piccola e scura, quei volti grandi con gli sguardi muti puntati su chi osserva dovrebbero dare una sensazione d’imbarazzo, come nello spiare qualcuno che si spoglia – In Luce al Museo Madre
Si è tenuta lunedì 3 ottobre, al Museo MADRE di Napoli, la presentazione dell’opera In Luce, del noto fotografo e lighting designer Cesare Accetta. Alla breve conferenza hanno partecipato anche Maria Savarese, curatrice del progetto, Pierpaolo Forte, presidente per la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e Andrea Villani, direttore del MADRE.
L’opera resterà al museo fino al 28 novembre, inaugurando la nuova project room. Essa rientra nel progetto Per_formare una collezione: per un archivio dell’arte in Campania, nato per creare progressivamente una collezione museale, non necessariamente stabile. Alle opere permanenti si affiancano infatti quelle temporanee, raccontando la cultura d’avanguardia campana con un occhio puntato sul presente e sul futuro.
Cesare Accetta ha lavorato spesso in contesti teatrali e cinematografici ma questa sua non può e non vuole definirsi un’opera teatrale. Dedicata all’amico Oreste Zevola, l’opera consta di tre proiettori che riflettono su pareti contigue fra loro i volti di cinquantacinque persone (del mondo dello spettacolo e non), le quali si alternano sulle pareti ogni 5 minuti, per una durata complessiva di un’ora e mezza. I soggetti sono stati in origine illuminati con un faro che solitamente nel cinema è usato per rischiarare attori a 20 metri di distanza, ciò ha creato delle riprese estremamente suggestive.
L’impatto è scarno, essenziale. La luce è la protagonista ma potremmo dire che ha un ruolo anche il suo opposto, l’ombra. È un’opera che non si spiega ma si manifesta con un impatto sorprendente, ciò che appare è l’essenza dell’umanità in ogni sua ruga, in ogni suo particolare incredibilmente vivo.
In una stanza piccola e scura, quei volti grandi con gli sguardi muti puntati su chi osserva dovrebbero dare una sensazione d’imbarazzo, come nello spiare qualcuno che si spoglia. La pura nudità interiore invece colpisce in altro modo: quei volti così comunicativi trasmettono qualcosa di universale, cosicché par di guardare negli occhi qualcuno che si conosce intimamente.
Annuncia Maria Savarese: «Con questo progetto egli compie un approfondimento di questa sua ricerca; ancora una volta è il corpo che si offre all’azione e alla sperimentazione della luce ma, uso proprio le parole di Cesare, lui compie uno zoom su questo paesaggio corpo attraversato tante volte in passato, soffermandosi appunto sul volto».
[di Francesca Lomasto]