- Busto reliquiario di San Gennaro, Napoli Cappella del Tesoro di San Gennaro
- tempietto reliquiario del sangue di San Gennaro Napoli Museo del Tesoro di San Gennaro
- Mitra Nola Museo Diocesano
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Articolo di DEBORAH BOZZA
A Napoli tornano gli anni d’oro del regno Angioino : con la mostra “Ori, argenti, gemme e smalti della Napoli angioina – 1266/1381” che ha luogo presso il Museo del Tesoro di San Gennaro . La mostra, curata da Pierluigi Leone De Castris e organizzata con l’assessorato alla cultura e al turismo del Comune di Napoli, farà brillare la città di Partenope fino al 31 dicembre 2014.
LA NAPOLI DEL PASSATO – Durante il regno di Carlo I, Carlo II, Roberto e Giovanna d’Angiò, la città diviene un’importante crocevia tra le regioni d’Oltralpe e il Mediterraneo, un “cuore pulsante” di arte e cultura e nascono le chiese gotiche e i castelli che ancora oggi descrivono la città: Castel Nuovo, San Lorenzo, Santa Chiara, San Domenico.
La Napoli del secolo 1266 – 1381, definito “secolo d’oro”, è una vera capitale. Una delle più ricche d’Europa. E’ proprio in questi anni, che per gli Angiò lavorano pittori come Giotto, Simone Martini, architetti come Pierre d’Angicourt o Jean de Toul e scultori come Tino di Camaino, Giovanni Bertini e Landro Di Pietro. La più profonda caratteristica di questo secolo, è la creazione di oggetti di lusso in oro, argento o rame decorati con smalti e gemme.
IN ESPOSIZIONE ‘OGGI’- L’obiettivo della mostra, è poter riunire tutta l’oggettistica del regno angioino e ammirare tutti questi oggetti riuniti assieme: dalle cassettine, le coppe, i gioielli destinate al sovrano e alla corte, agli oggetti di culto come i pastorali, le mitre,i reliquari destinati, invece, a esigenze di culto. Sono esposti i manufatti più pregiati della corte angioina: la mitra di Amalfi, la quale doveva servire per Ludovico, figlio di Carlo II che era divenuto vescovo di Tolosa, arricchita da 19.330 perline,la mitra di Scala splendente di gemme e smalti, la capsula di oro a forma di foglia di vite, che oggi è al Museo di Cividale, realizzata come bomboniera per le nozze dell’angioino Filippo di Taranto con Tamara di Epiro.
Si può ammirare, inoltre, una croce reliquaria in cristallo di rocca e filigrana d’oro. A far sfolgorare il Museo del Tesoro di Napoli, vi sono i pastorali: quello di Atri, a opera di orafi francesi che facevano parte dell’atelier di Carlo II d’Angiò e quello di Sorrento prodotto da orafi meridionali. Difatti, con il regno di Carlo II d’Angiò, ci sono state commissioni da Parigi e la creazione di una atelier di orafi tra cui Maestro Etienne, Godefroy e Milet D’Auxerre che hanno lavorato a una produzione sacra e profana di gusto gotico. E’ opera dei maestri francesi a contatto con ricamatori napoletani, la mitra con ornamento gemmato di Atri. Si può osservare,inoltre, il cofanetto di Todi: una cassetta a forma di parallelepipedo con un’anima di legno rivestita esternamente da rame smaltato. Sul metallo della cassetta sono incisi animali mostruosi entro formelle quadrilobate. Fa un po’ da baricentro della mostra il “tempietto-reliquario del sangue di San Gennaro” in argento e smalti, commissionato a Etienne Godefroy, Guillame de Verdelay e Milet d’Auxerre da Carlo II per il Duomo di Napoli.
Un vero gioiello della mostra sono i busti d’argento, in prevalenza sacri. Molti furono realizzati per custodire le reliquie dei santi e nel 600 ebbero importanza nella devozione popolare e numerosi, furono commissionati a Lorenzo Vaccaro, Carlo Schisani. Una stratificazione millenaria che, oltre a essere presente nella rappresentazione presepiale napoletana, è presenta nei quadri di grandi pittori come Caravaggio, Luca Giordano, Mattia Preti e Massimo Stanzione. Tra i busti, si possono contemplare: “santa Irene” (Schisano,argentiere), Tobiolo e l’angelo, sant’Emidio a opera di Domenico De Angelis, argentiere e Gaetano Fumo, scultore argento.
Una corte, insomma, quella angioina in grado di offrire il secolo più vitale alla città di Napoli.
[di Deborah Bozza]