La perfezione esiste, ma solo chi, almeno una volta, la trova lo sa. E poi è soggettiva, ognuno trova la sua. Quindi presuppone un’ottima conoscenza di sè e… tanta pazienza.
In una cosa devono combaciare tanti dettagli perché quella cosa sia ‘perfetta’… la perfezione quindi è un insieme di dettagli, quelli che ci piacciono, che combaciano in un’unica cosa.
E quant’è difficile!
“Quel vestito nero, bello, ma quella scollatura così… proprio. Quelle scarpe, davvero belle, se non fosse per. Quella ragazza, stupenda ma.”
Ed allora dovremmo essere stilisti, Dei.
Ma non lo siamo, esistono cose già confezionate dove ad ogni dettaglio ‘bello’ ne corrisponde un altro, e un altro ancora, magari ‘brutto’. Così il risultato è qualcosa che sembra quello che ci piace, ma non lo è mai completamente. Somiglia.
Somiglia.
La dannazione umana si nasconde dietro al ‘Somiglia’.
Così io passo la vita ad aggiustare le cose, ad aggiungere o a togliere. Per quando mi è possibile.
Ora… mettiamo che… volessi un paio di scarpe… Adidas, nere matte cioè non di vernice, solo con degli inserti lucidi, stivaletto, amo il rosa aranciato, il fucsia, il viola, la suola in gomma bianca, e la punta discreta, non quelle solite punte a forma tonda massiccia da ragazzino arrabbiato col mondo. Ho girato negozi di ogni città per trovarle, per un anno, ne ho comprate tante, bellissime… ‘Ma’.
Somigliavano.
Da qui sempre la costante frustrazione dell’essermi in un qualche modo… accontentata. E anche quando non me ne rendo coscientemente conto, in fondo lo sento sempre ‘l’accontentarmi’, me ne accorgo quando, nonostante l’acquisto, continuo a guardarmi attorno, a cercare quel ‘qualcosa in più’ in un altro paio di scarpe.
E Dio solo sa quanto mi rendano irrequieta i dannati meccanismi dell’insoddisfazione, del perfettibile.
Sono come le parole quando sei lì che devi descrivere una situazione esclusiva, fantasmagorica, meravigliosa, irripetibile e dici “E’ stato bello!”, e ti senti male, perchè non è “Stato bello”, è stato proprio Stupefacente, e solo quando dici “Stupefacente!” ti senti appagata, totalizzata, sazia… ‘perfetta’.
Poi d’improvviso… lì, su uno scaffale, le trovo. Le afferro dopo 5 minuti di estasi immobile, le giro, le rigiro, a cercare quel dettaglio per me ‘brutto’ che non le rende ‘perfette’, eppure non lo trovo, neanche un forellino che vorrei magari diverso da quello che è, niente da aggiungere o da togliere, niente, e penso “Ah! Il numero! Il numero non ci sarà!”, così scorro col dito tutti gli scatoli… “36… 38… 37 e mezzo… ecco… lo sapevo… non c’… QUARANTA E MEZZO! C’è! Ma… al mio amore… eccolo l’intoppo! Mannò, al mio amore piaceranno da morire!” E così incredula inizio a parlare con quelle scarpe come fossero un bambino, un miracolo, quelle scarpe non sanno di essere quello che sono per me! E mi chiedo “Chi le ha create? Le hanno create per me… me medesima… ME!”
Così mi avvio alla cassa, per raggiungerla ripasso tra gli scaffali con su tremila altre paia di scarpe bellissime e dentro me sento quella Cosa… sento che le altre scarpe non esistono, le guardo pure ma non le vedo proprio, zero! Ho tra le mani lo scatolo con ‘quelle’ scarpe, le scarpe ‘perfette’, e so, sento, provo… quella Cosa… quella Cosa che mi dice “E’ fatta!”… quella Cosa che mi fa sentire leggera come nel mio incastro giusto, quella Cosa che con tanta naturalezza mi fa sentire di ‘fermarmi’ come fossi arrivata a quel traguardo massimo oltre il quale non c’è niente di meglio di quello… niente frustrazione, niente insoddisfazione, niente perfettibile… è ‘matrimonio’… e questa ‘Cosa Matrimonio’ la si sente proprio dentro, non ho mai capito bene dove, ma dentro… forte, convinta e riempie come quelle cose che non lasciano nemmeno lo spiraglio di un dubbio… le cose ‘perfette’.