Articolo di VERONICA BISCONTI
“L’arte del disegno è fondamentalmente ancora la stessa fin dai tempi preistorici. Essa unisce l’uomo e il mondo. Vive attraverso la magia” dichiarava Keith Haring, conosciuto come uno dei più famosi writers e pittori statunitensi: queste parole potrebbero riecheggiare nella mente dello spettatore quando si troverà di fronte all’opera di Giorgio Bartocci, “Principia”, una ‘wunderkammer’ in origine pensata come “FINIS” e realizzata all’interno dell’ultima stanza della -1 art gallery della Casa dell’Architettura di Roma (nuova galleria underground che propone ciclicamente interventi site specific affidati ai nomi più rappresentativi della street art, agli artisti è richiesto di realizzare una “stanza” sottoforma di dipinto murario o istallazione).
Il battesimo di fuoco del dipinto murale di Bartocci è avvenuto lo scorso 12 settembre 2014 e la stanza sarà accessibile al pubblico sino al 12 gennaio 2015: la scelta anticonformista di dipingere uno spazio sotterraneo della casa appartenente all’Ordine degli Architetti è tipica di Giorgio Bartocci, la cui sfrenata passione per l’avanguardia e il graffitismo non ha limiti.
Uno spazio espositivo atemporale, un connubio di visioni oniriche e di ritorno alle origini, dove lo spettatore viene catapultato in un mondo astratto e magico: le figure allungate impresse nelle pareti sembrano scrutarti in fondo all’animo, come se volessero portare alla mente gli istinti primordiali dell’infanzia, quando tutto era bello e pericoloso allo stesso tempo.
«Principia è un linguaggio inventato – sottolinea l’artista – multiforme, multispecie, una fitta rete di complesse entità visive, tutte diverse ma tutte uguali, esseri umani animali ed extra, tra radici, nature e fibre ottiche, contenuti in un universo parallelo che li tiene stretti alla vita come unica virtù della specie. Tutto e tutti siamo uniti in un ciclo continuo».
Parole sacrosante, frasi che evidenziano il complesso rapporto tra spazio e tempo: i soggetti raffigurati da Giorgio Bartocci fluttuano liberamente all’interno delle pareti, i loro corpi sono colorati di nero e rosso, mentre una musica spettrale accompagna lo spettatore durante il percorso espositivo.
Possiamo quindi parlare di un nuovo approccio al mondo del graffitismo? La parola ai visitatori, i quali si sono muniti di macchina fotografica e hanno documentato senza censure la ciclicità delle figure presenti sulle pareti della stanza.
«Mi ha colpito la scelta d’inserire delle immagini così contemporanee all’interno di pareti sotterranee, come se mi trovassi all’interno di una metropolitana – spiega un visitatore fuori dalla sala espositiva – già trovarsi all’interno di un edificio di matrice ottocentesca è strano (l’Acquario Romano, luogo adibito a museo dove attualmente ha sede la Casa dell’Architettura, è stato costruito intorno al 1885 – 1887 ), capisci quanto l’arte possa essere variegata all’interno dello stesso ambiente. Le immagini dipinte da Giorgio Bartocci sono evocative, sarà perché il tutto è stato amplificato dai suoni che riecheggiano in sala. Lo spazio espositivo è ridotto e la visuale ne ha risentito, tuttavia le cromie scelte dall’artista per le sue figure multiformi aiutano a dirigere l’occhio verso il vero significato dell’opera. Un bel lavoro».
Ancora una volta la “street art” ha dimostrato di saper abbattere le barriere della diffidenza, un’arte proveniente dalla strada e nata per rendere migliore non solo gli edifici statali, ma anche gli spazi d’uso comune.
[di Veronica Bisconti]