Lavorano insieme ma non sono un collettivo. Direttamente dall’India, ecco chi sono e cosa fanno i CAMP
CAMP sta per Computer Appropriating Missing Promises: questo gruppo di parole indica a sua volta uno “spazio collaborativo” indiano – che dichiaratamente precisa di non essere un collettivo. Per i membri di CAMP, infatti, l’artista viene visto come qualcuno che colleziona dati.
I CAMP si interessano delle scuole di pensiero che hanno a che fare con la storia della tecnologia, la tecnologia stessa e i metodi di distribuzione.
Creano performance e progetti culturali mirati alla distruzione di un certo tipo di narrativa ormai sorpassata.
“Wharfage”, iniziato nel 2008, si basa su diverse interviste ai marinai che viaggiano su tratte che comprendono Emirati Arabi, Gujarat e Somalia. Oltre alle interviste, vi sono anche registrazioni effettuate nei porti e registrazioni delle radio di bordo. L’intenzione è quella di esaminare quanto il “business del business” sia meglio del “business della guerra”. Nonostante per molti “Wharfage” resti un progetto oscuro, viene riconosciuto come uno dei progetti più importanti nell’arte ‘sociale’.
Un processo simile a “Wharfage” è avvenuto per il progetto “From Gulf to Gulf to Gulf” (2013), dove l’attenzione è stata focalizzata principalmente sulle barche. Il tutto è avvenuto tramite disegni, foto, video e registrazioni radiofoniche.
“The Neighbour Before the House” (2011) raccoglie una serie di video raffiguranti i paesaggi della zona Est di Gerusalemme. Le videocamere utilizzate sono come quelle di sicurezza e nel progetto sono inclusi anche i commenti dei palestinesi a proposito di quanto è possibile vedere e con riflessioni sulla natura e la loro distanza dagli altri. “The Neighbour Before the House” è l’occasione per commentare siti archeologici, case ed edifici vari prima e dopo le varie occupazioni del territorio.
I CAMP sono Shaina Anand, Nida Ghouse, Hakim Lillyawalla e Ashok Sukumaran.
[di Ambra Benvenuto]