Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Che la dritta via era smarrita.
Smarrire la “diritta via”, questa volta, non sarebbe un problema. La selva oscura della Comedìa dantesca, definita “divina” da Giovanni Boccaccio, è proprio dietro l’angolo. Non è follia, ma un incredibile spettacolo che si tiene nelle grotte di Castelcivita (nel salernitano), ideato e diretto da Domenico M. Corrado e prodotto dalla Tappeto Volante s.r.l.
L’assenza di quinte, uno scenario preistorico, circa trenta ballerini, attori e cantanti, una “cornice” di musica struggente e video installazioni ritraenti le anime dannate, creano l’inverosimile: lo spettatore entra a far parte di ogni girone di quel ‘fantastico’ inferno, diviene un’anima vagante e peccatrice.
Ogni settimana, Dante in persona (attore professionista) accoglie e accompagna i visitatori nei vari cunicoli, guidandoli verso la perdizione. Lo spettatore/anima, una volta entrato nella selva, ascolta la sagge parole di Virgilio, incontra la bella e buona Beatrice, si imbatte nel ghibellino conte Ugolino, nel suicida Pier della Vigna e assiste alla lussuriosa vicenda di Paolo e Francesca, ispirati all’amore da un “galeotto” libro. Non manca nessuno.
Il coinvolgimento avvolge tutti i sensi: si ascoltano musiche tormentate, urla di anime straziate dalla dura legge del contrappasso. Si è avvolti in una vicenda reale. Chi entra non guarda uno spettacolo, chi entra si sente peccatore, chi entra è coinvolto nella visione che non ha mai visto prima d’ora.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
Erano queste le parole di Virgilio a Dante nella Comedìa, il quale invitava al sommo poeta di non “curarsi” delle anime erranti. Questa volta, la grandezza dello spettacolo non permetterà a nessuno di ascoltare le parole del saggio Virgilio: ogni anima sarà trascinata, senza scampo, nel ‘meraviglioso’ inferno di Castelcivita.
[di Magdalena Sanges]