Articolo di MARCO COPPOLA
Le riforme degli ultimi venti anni hanno trasformato sempre più la conoscenza, la cultura e l’istruzione in merce, privilegiando materie scientifiche e trasformando l’educazione in obbedienza. In Inghilterra, negli Stati Uniti e in Germania la ricerca e la formazione tecnico-scientifica hanno via via scansato quella umanistica. Non più tardi degli anni Sessanta, obiettivo del sistema universitario, anche di questi paesi, era la promozione dello sviluppo del ragionamento e del pensiero: non formare solo specialisti, dunque, ma donne e uomini coscienti e consapevoli. Questa idea è venuta cadendo nel corso degli ultimi anni, per la sua impostazione umanistica, rivolta soprattutto alla tradizione e agli studi classici. A criticare, i promotori dell’idea che indirizzi scientifici, tecnici, professionali e umanistici collaborassero alla produzione di conoscenza per la collettività. È questo il ragionamento di fondo che ha mercificato l’istruzione, la conoscenza, il sapere, riducendolo a un bene da scambiare, vendere e produrre. Anche questo assorbito dalla fame del capitalismo internazionale.
Questo modo di intendere la formazione, l’istruzione e la cultura ha generato un sistema di valutazione e di apparente democrazia che si fonda sulla valutazione di aspetti meramente quantitativi e che getta in secondo piano le capacità individuali e collettive di pensare, ragionare ed elaborare concetti. Questo approccio è quanto ingolfa e ammorba le grandi metropoli del nostro paese e del nostro pianeta: milioni di giovani, adulti e anziani in balia di numeri e crocette con cui barrare test e questionari; esami universitari superati senza aprire bocca e senza esprimere un solo concetto o scrivere una frase di senso compiuto; alienazione e chiusura in se stessi per i più giovani inglobati in smartphone e palmari; questo il futuro che le classi dominanti vorrebbero presentare a tutti noi.
Ma anche nella più rigorosa delle scienze, un anelito di rivalsa si fa largo tra numeri, pulsanti e caselle. Si moltiplicano associazioni e comitati anche autorganizzati di promozione culturale e popolare. Leggere libri in piazza tutti insieme, organizzare flashmob tematici su arte e cultura, disegnare sui muri i propri sentimenti e la propria necessità di espressione. L’uomo è tale solo perché all’interno del processo di emancipazione e di liberazione che fa di se stesso, esso si umanizza e costruisce una società in cui le più alte delle attività che l’uomo sa svolgere, attività specificamente umane, sono di libero accesso e pratica collettiva non più merce di scambio, valorizzazione e speculazione del più forte sul più debole.
[di Marco Coppola]