Tra i lavori di restauro condotti sulle opere di Raffaello, in primavera verrà esposta la “Madonna del divino amore” e tutta la sua storia, talvolta travagliata
La “Madonna del divino amore” in mostra a Torino
Una primavera ricca di colori sarà quella che si prospetta a Torino: dal 19 marzo al 18 giugno 2015, in occasione di una mostra concepita per mettere in luce i lavori di restauro condotti sulle opere di Raffaello, sarà esposta la “Madonna del divino amore” di Raffaello Sanzio alla Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino. Nell’esposizione, verranno messi in evidenza i processi esecutivi del pittore e ci si potrà entusiasmare osservando gli schizzi preparatori alle opere di Raffaello.
Uno sguardo al passato
Per intendere realmente la singolarità dell’esposizione de la “Madonna del divino amore”, è necessario volgere lo sguardo agli anni della seconda guerra mondiale, quando l’opera fu strappata dalle mani dei nazisti.
Perché i nazisti possedevano un’opera di Raffaello? Fu il ‘buon’ Adolf Hitler a volere l’opera per il suo “museo” la quale, dopo essere stata messa in salvo a Montecassino, fu portata dai tedeschi con una scusa a Spoleto. Qui, i nazisti portarono la tela sulle Alpi Austriache, luogo in cui il “monument man” Rodolfo Siviero, con una delegazione diplomatica, restituì le opere sottratte illecitamente all’Italia .“La Madonna del divino amore” e altre tornarono ufficialmente a casa.
Una lente di ingrandimento su la “Madonna del divino amore”
E’ un dipinto su tavola databile 1516/1518 circa e conservato al Museo di Capodimonte di Napoli. Secondo Giorgio Vasari, l’opera fu realizzata per Lionello da Carpi signore di Meldolla ma passò poi a Roma, nelle mani di Rodolfo, nipote di Lionello. La tradizionale composizione piramidale delle opere di Raffaello è qui sostituita da un’innovativa composizione in diagonale, in cui appare il gruppo formato dalla Madonna, San Giovannino, il Bambino e Sant’Elisabetta. A sinistra, si apre una loggia con la figura di San Giuseppe che incarna il ruolo del protettore. La rigidità delle forme rileva la mano di un ‘aiuto’, forse Giulio Romano.
[di Redazione]