Approfondimento su Maria Claudia Pesapane, attrice e artista napoletana. Progetti futuri? Una vita appassionata, una vita di teatro!
«Il teatro per me è un’esigenza vitale, sembra esagerato, è folle, ma senza il teatro non trovo senso alla mia esistenza. C’è stato un momento in cui ho capito non che il teatro fosse la mia strada ma che senza il teatro non sarei stata felice: ero fidanzata con una persona che di mestiere faceva tutt’altro e non poteva minimamente capire quello che facevo io, soprattutto la mia instabilità economica gli sembrava follia. All’epoca ne ero innamorata, in virtù di quella relazione ci fu un momento in cui feci un passo indietro, misi da parte il teatro; con un altro tipo di lavoro, meno precario, magari avrei potuto prendere casa, formare una famiglia, fu proprio in quel momento però che mi resi conto che rinunciare al teatro mi rendeva talmente infelice al punto che tutto il resto perse totalmente valore! Lì ho capito che al teatro non potrò rinunciare mai. Inoltre, a fortificare ancor più i miei sentimenti per il teatro è stata la mancanza di sostegno da parte della mia famiglia che si oppone alla mia scelta, ma nonostante il dispiacere dei miei genitori, ai quali voglio profondamente bene, non riesco a fare un passo indietro perché quest’arte è qualcosa che vive ed arde fortemente in me. Il teatro è fondamentale, è e soprattutto deve essere la mia strada! Con il teatro do senso alla mia esistenza, il teatro mi fa sentire felice, mi fa sentire libera, mi dà la possibilità di esprimere il mio mondo interno e di sperimentarlo, di conoscermi, di vivere con verità la mia esistenza, di viaggiare non su una via superficiale ma nel profondo, mi insegna il sacrificio, la sofferenza, la gioia… è tante cose per me il teatro». Maria Claudia Pesapane, attrice e artista napoletana, racconta così la storia d’amore con il teatro, una storia d’amore che porta i segni delle più grandi storie d’amore: se Leonardo Da Vinci non avesse dato realizzazione al suo genio, contro tutto e tutti, avrebbe lui perso il motivo per il quale nacque e tutto il mondo avrebbe perso la sua arte. Come è giusto che sia: se “sei” un artista hai il “dovere” di fare l’artista!
Diplomata all’Accademia D’Arte Drammatica del Teatro Bellini di Napoli nel 2016, Maria Claudia inizia la sua formazione classica: si diploma in danza classica e moderna, si diploma al liceo classico per poi proseguire iscrivendosi sorprendentemente alla facoltà di Farmacia (dopo aver tentato l’ingresso a Medicina) percorso, quest’ultimo, che non ha ancora concluso ma che intende concludere.
IL PERCORSO DI AVVICINAMENTO AL TEATRO
Fin dalle scuole elementari Maria Claudia si avvicina alla sperimentazione del suo mondo artistico interiore, «Da piccola mi muovevo dalla danza classica al canto, alla musica, mi interessavo a tutte le attività possibili, soprattutto artistiche, come i tanti spettacoli, tra musical e teatro, che ogni anno organizzavano a scuola». Dopo il diploma in danza classica e moderna presso la scuola Centro Danza diretta da Salvatore Ciccarelli e Gemma Iannone, segue un percorso in danza contemporanea presso Movimento Danza, scuola di Gabriella Stazio, con Sonia Di Gennaro. Contemporaneamente muovono in lei le prime coscienti emozioni per il teatro «L’ultimo anno, la mia scuola di danza prevedeva lo studio anche della recitazione e del canto oltre che della danza, proprio per rendere la figura del performer più completa – racconta Maria Claudia – Così nello spettacolo di diploma mi cimentai in una sorta di musical, interpretai un personaggio protagonista che aveva anche tante battute. Il mio maestro di recitazione nella scuola di danza era all’epoca Peppe Miale che, oltre ad essere il regista dello spettacolo, teneva un laboratorio triennale al Teatro De Poche a Napoli. Fu così che lui, appurando il mio interesse per la recitazione, mi spinse a seguire questo laboratorio. Terminato il percorso di danza iniziai da un lato a lavorare come ballerina e dall’altro iniziai a seguire il laboratorio triennale al de Poche con Peppe Miale, Sergio di Paola, Massimo De Matteo, e svariati altri maestri».
Il percorso del suo destino segue il concatenarsi degli eventi, quegli eventi tipici di un disegno ben chiaro: in quel periodo Maria Claudia lavorava con una Compagnia ai templi di Paestum, all’interno della Compagnia c’era una persona interna alla commissione dell’Accademia del teatro Bellini, la quale la incoraggiò a partecipare ai provini «Fu un’esperienza parecchio curiosa, mi ero preparata davvero poco perché all’epoca il mio obiettivo era concludere gli studi e laurearmi in Farmacia. In commissione c’era Vincenzo Del Prete e Danio Manfredini, mi fecero improvvisare molto sul corpo, non mi chiesero nemmeno di interpretare il dialogo che avevo preparato. Danio Manfredini, direttore dell’Accademia del Bellini, attore ma particolarmente interessato alle capacità fisiche, all’utilizzo del corpo, credo si sia incuriosito più che alle mie capacità attoriali, all’epoca ai primordi, proprio al mio provenire dal mondo della danza e alla mia preparazione al riguardo». Ammessa dunque al triennio della Accademia D’Arte Drammatica del Teatro Bellini, Maria Claudia lascia il de Poche per proseguire gli studi al Bellini.
GLI INCONTRI E I MAESTRI
Dopo i fatidici incontri con gli importantissimi e primi maestri Peppe Miale, Sergio Di Paola, Laura Zaccaria, Massimo Di Matteo, l’artista partenopea all’interno dell’Accademia del teatro Bellini ha la possibilità di imbattersi in molteplici personalità che segnano la sua crescita, umana e professionale «Sicuramente l’incontro con il direttore dell’Accademia è stato per me profondamente significativo, reputo in assoluto lui il “mio maestro”. Dopo di lui ho conosciuto altri insegnanti con cui mi sono confrontata, ma Danio Manfredini in particolare e Vincenzo del Prete sono le figure che mi hanno più segnato, mi hanno impostato come attrice ma anche come artista. Danio Manfredini, prima ancora che un maestro, prima ancora che un attore, è sicuramente un artista, perché secondo me c’è una differenza tra essere attore ed essere artista e questa differenza lui ce l’ha trasmessa nel percorso accademico, non ha creato degli stampini tutti uguali come a volte capita nelle accademie ma ci ha lasciato la libertà di scoprire e sperimentare la nostra arte, chi siamo noi come artisti in questo mondo, e non macchinette teatrali, attori pronti a tutto. Ci ha insegnato a cercare le nostre esigenze comunicative attraverso l’arte, attraverso il teatro, e soprattutto io l’ho adorato perché, venendo dal mondo della danza e amando il linguaggio del teatro fisico, ho trovato in lui la giusta considerazione: lui sa unire perfettamente il linguaggio del teatro fisico con il teatro di parola creando spettacoli che per me sono di un altissimo livello di poesia». Tra le svariate personalità che hanno contribuito a scrivere la sua storia, Maria Claudia ricorda con affetto Arianna D’Angiò per il mimo corporeo e la tecnica Decroux, la disponibilissima Gabriella De Carlo per il canto, la quale tutt’oggi rappresenta per lei un importante punto di riferimento, Cristina De Miranda per la pedagogia vocale, Paolo Cresta per la dizione, Marco Manchisi per la commedia dell’arte, Sabrina Scioscia per la danza classica, Patrizia Hartmann , Gabriele Russo, Livio Galassi. «Dopo l’accademia ho continuato a frequentare parecchi workshop. Sicuramente uno degli incontri più significativi è stato quello con Mimmo Borrelli, che mi ha insegnato tanto e mi ha messo duramente alla prova; un incontro altrettanto importante è stato con la realtà Odin Teatret in particolare con Iben Nagel Rasmussen, maestra con la quale ho seguito per un periodo il cosiddetto “ponte dei venti” e in seguito il “filo dei venti”, una sorta di gruppo di training teatrale, training grotowskiano, che si riunisce a Bologna al Teatro Ridotto sotto la figura di Lina Della Rocca, una delle attrici dell’Odin Teatret. Poi il Teatro Valdoca e Cesare Ronconi, Mariangela Gualtieri; Paolo Antonio Simioni, maestro con cui ho studiato a Roma il metodo Stanislavskij e che mi ha insegnato tantissimo, anche a focalizzare il personaggio, ad avvicinarlo a me, a capire come centrarlo sempre; Davide Iodice e la Scuola Elementare del teatro; Michele Schiano Di Cola; La Compagnia Baracca dei Buffoni con la quale ho iniziato a studiare alcune arti circensi, in particolare i trampoli, e con la quale attualmente lavoro».
I PERSONAGGI
Nel corso della sua carriera d’attrice Maria Claudia ha dato vita a poliedrici personaggi, ma il ruolo che maggiormente l’ha segnata, soprattutto perché ha rappresentato il personaggio più vicino ma al contempo anche quello più lontano da lei, quindi una particolare sfida, è stato proprio uno dei più recenti: il personaggio della serva in “ ’E Cammarere” di Fabio Di Gesto, ispirato a “le Serve” di Jean Genet, in scena con lei Francesca Morgante, lo spettacolo ha debuttato quest’anno al Festival Classico Contemporaneo di Napoli. «Per me è stata una sfida incredibile, innanzitutto perché io non parlo il dialetto napoletano fluentemente, non sono abituata a tanti termini che non conosco, non sono un’attrice che parla il napoletano, non lo parlo nemmeno nella vita di tutti i giorni, quindi per me interpretare un ruolo come un personaggio che non è né uomo né donna, un relitto della società, che proviene dal popolo, dal più crudo “vascio” napoletano, è stata una sfida tremenda ma è stato al contempo bellissimo! Ho studiato e amato la serva più di qualsiasi altro personaggio abbia nel tempo interpretato, ma è anche quello dal quale mi sono sentita più distante, quello che è stato per me difficile essere. Ce l’ho fatta ascoltando tantissimo il regista Fabio Di Gesto, che viene da quel mondo di cui scrive, ascoltarlo parlare mi ha aiutato molto, ascoltare come una donna di un “vascio” napoletano si comporta, si muove, parla, e spero alla fine di averlo fatto mio». Cavalcando l’onda della sfida, Maria Claudia sogna di poter interpretare un giorno personaggi leggendari, estremamente femminili, emotivamente complessi, accomunati da un’interiorità piena di sfaccettature che viaggia attraverso abissi oscuri «Sicuramente uno dei personaggi al quale mi piacerebbe dare vita è Medea, mi piacerebbe riuscire ad interpretarla in maniera sincera, lei è un qualcosa totalmente lontano da me. Mi affascina allo stesso modo anche Salomè o Lady Macbeth».
LA MUSICA, I CANALI EMOTIVI, GLI ANEDDOTI
Tra personaggi vicini e lontani, amati e sperati, l’elemento fisso, che fa da perno nel suo fare arte è la musica «Adoro la musica, ci lavoro tantissimo, per me il training prima di uno spettacolo è fondamentale, quindi ho bisogno sempre di un ora, un ora e mezza, prima dell’inizio del lavoro, in cui muovermi a ritmo di musica, danzare, mi permette di scaricare l’energia e oltre a scaricarla anche di caricare energeticamente il mio corpo, mi devo stancare prima di andare in scena, sembra folle ma se mi stanco, se il mio corpo è caldo e preparato, sono aperti anche tutti quelli che io definisco “canali emotivi”. In realtà sembra quasi che io debba prepararmi per uno spettacolo di danza, ma tutto ciò mi serve, se il corpo è pronto sento che è pronta anche la mia anima a percepire poi delle emozioni e a interpretare il personaggio col quale vado a lavorare. La musica mi concentra, quando devo preparare un personaggio cerco sempre di organizzare una playlist musicale che mi avvicini al mondo emotivo di quel personaggio, che sposti le mie emozioni nella giusta direzione, in quelle che sono le emozioni di quel personaggio, quello che deve provare, e ci sto fino all’ultimo istante prima di entrare in scena ad ascoltare musica in cuffia, per non perdere quella concentrazione.
A tal proposito mi capitò un aneddoto abbastanza divertente: agli inizi del mio percorso di attrice lavoravo ad uno spettacolo itinerante nel quale dovevo interpretare Desdemona, lo spettacolo si svolgeva in una sorta di giardino, gli attori erano in postazioni differenti e il pubblico seguiva lo spettacolo da una postazione all’altra, dalla postazione precedente a quella seguente dove proseguiva la recitazione, dove quindi c’ero io che dovevo attaccare a recitare appena terminava la mia collega. Giunto il mio turno, io ero di spalle, avevo le mie cuffiette e stavo lì ad ascoltare la musica cercando di entrare nella giusta emotività e muovevo allegramente il mio corpo per riscaldarmi. Non mi accorsi quindi che la mia compagna aveva terminato, che il pubblico era già arrivato e avrebbe dovuto trovarmi a terra, distrutta, nel momento in cui Otello mi aveva appena picchiato, dovevo così iniziare il mio monologo di Desdemona. Quando me ne accorsi, tolsi le cuffie, le gettai sotto una roccia e partì. È stato un attimo, il pubblico non se ne è accorto realmente quanto avrebbe potuto, però ho rischiato grosso, nemmeno il regista se ne accorse (ma lo saprà ora, qualora leggesse!)», racconta con simpatia Maria Claudia.
ATTRICE MA NON SOLO
Oltre al ruolo predominante di attrice, l’incorruttibile ed elegante artista partenopea ha volentieri sperimentato più di una volta anche il ruolo di regista teatrale «Mi sono dilettata in due regie teatrali, una è un riadattamento di “Caligola” di Albert Camus, uno spettacolo che si chiama “il Dio Cesare”, che in realtà è una co-regia con un altro mio collega; e l’altra è un riadattamento di “Diatriba d’amore contro un uomo seduto” di Marquez, uno spettacolo che si chiama “Io sono plurale”, una regia che invece ho affrontato da sola e che attualmente ancora porto in giro. Il ruolo di regista mi piace molto in verità, oscillo tra il ruolo di regista e quello di attrice anche se attualmente seguo più quello di attrice. Un altro ruolo nel quale mi sono dilettata a teatro è stato quello di truccatrice, di scenografa, di costumista, quando fai delle produzioni indipendenti come mi è capitato con “Io sono plurale” ti cimenti un po’ in tutto, anche nell’allestimento in generale, quindi mi sono improvvisata oltretutto anche tecnico audio luci, ma fondamentalmente penso che sia giusto che i ruoli vengano sempre divisi».
PROGETTI ATTUALI E FUTURI
Attualmente Maria Claudia lavora in tournée con “ ‘E Cammarere”, le prossime date probabilmente saranno a novembre a Torre del Greco e sicuramente a maggio al Teatro Rostocco (Acerra); continua a portare in giro “Io sono plurale” spettacolo del quale cura la regia, i prossimi appuntamenti a Roma presso il Teatro Aurelio e il Centro Teatro Spazio, a marzo; sarà prossimamente in scena con “L’Inferno di Dante” di Mimmo Corrado, una produzione di Tappeto Volante, sono in calendario date distribuite su tutto l’anno e debutterà il 2 novembre al Museo del Sottosuolo, Napoli; sta lavorando, insieme ad Anna Bocchino in scena con lei, per il progetto teatrale ed educativo “Amor Bohème” prodotto dall’associazione culturale FT Artemente e diretto da Antonia Cerullo; ed una serie di altri progetti sono in cantiere «Sono ancora in fase organizzativa, quando saranno definiti li sveleremo!»
Ma soprattutto, tra i progetti futuri più importanti, c’è quello di diventare a tutti gli effetti ciò che è nata per essere, di vivere una vita appassionata, una vita di teatro!
“Quale donna non riconosce la sua scena? Talvolta una parola, una frase, una poesia, una storia, un tamburo, una musica è così risonante, così esatta, da ricordarci quella sostanza di cui siamo fatte realmente e dove si trova la nostra vera casa. Dove la vita creativa fiorisce, la relazione acquista significato, profondità e salute, si ristabiliscono i cicli della sessualità, del lavoro, del gioco. Tutto quanto sta lì, è la casa di tutti i pittori, gli scrittori, gli scultori, i ballerini, i pensatori, i compositori, i ricercatori, gli inventori. La vita appassionata. L’arte…” (C.P. Estés).
[DI Flavia Tartaglia]