“Performance non è teatro, non è danza, è un dialogo energetico tra il pubblico e colui che effettua la performance. Quello che succede durante una performance è reale, il coltello è coltello, il sangue è sangue, invece in teatro il sangue spesso è ketchup. In una performance la realtà è essenziale”, questo il ‘mantra’ di Marina Abramovic, straordinaria artista, icona di tutte le forme espressive del corpo, figura imprescindibile dalla storia delle arti performative.
La sua carriera ha avuto inizio nel 1974 in Italia, a Milano, paese divenutole molto caro. Premiata con il Leone d’Oro alla Biennale nel 1997, Marina nel suo lavoro mette spesso in gioco la sua stessa incolumità scavando nelle sue angosce, nelle sue paure, collegando la vita stessa all’arte, creando così opere imparagonabili.
Peculiarità dei suoi lavori, provocatori ma pregni di significato, è l’amore per la conoscenza dei limiti umani. Limiti psicologici e fisici che servendosi della sua arte scava ed estrae, mettendosi spesso alla prova in prima persona e rendendosi quindi protagonista. È quello che accadde, ad esempio, con Imponderabilia, una delle creazioni più note e discusse dell’artista serba, messa in scena nel 1977 e riproposta varie altre volte negli anni a seguire. La performance vedeva Abramovic e Ulay, suo partner dell’epoca, entrambi integralmente nudi posizionati uno di fronte all’altro in un varco stretto organizzato nell’atrio del museo in modo da ricreare una sorta di ‘porta umana’ che costringeva il pubblico a varcarla. I visitatori erano dunque chiamati a transitare ruotando il proprio corpo verso uno dei due performer. Una telecamera a circuito chiuso registrava le reazioni di ciascuno a contatto con i due corpi nudi e ritrasmetteva la scena in ritardo di qualche minuto di modo che coloro che superavano la porta potessero rivedere la propria reazione. Una performance che ‘registra’ i limiti e gli urti impercettibili della comunicazione.
Da queste scelte nasce ciò che viene definito Il metodo Abramovic, ovvero la presa di coscienza che il pubblico è la parte essenziale della sua arte, il tassello fondamentale che completa le sue opere.
In The Artist is Present, realizzata al MoMA nel 2010, Marina sperimentò la ‘forma acuta’ del suo Metodo, l’istallazione prevedeva che l’artista rimanesse seduta sette ore al giorno ad un tavolo in assoluto silenzio e senza alcuna reazione, invitava i visitatori a sedersi di fronte e lei per tutto il tempo desiderato, il coinvolgimento dei partecipanti completava la sua opera, la reazione più memorabile fu l’improvviso pianto di una ragazza, racconta Abramovic.
Dopo quell’esperienza newyorchese, la notevole retrospettiva del MoMA fu ricostruita a Milano, e, con essa, l’essenza della performance che è trasformazione mentale e spirituale di sè stessi. La mostra era titolata proprio The Abramovic Method e ne spiegava infatti il senso: un’arte ‘interattiva’, il pubblico si trasformava da spettatore a protagonista, erano i visitatori stessi a scegliere di partecipare all’evento ed erano coinvolti, dalla stessa artista, in un percorso fisico e mentale dove imparavano a conoscere se stessi e a rapportarsi con tutto ciò che li circondava, ma soprattutto a ‘fermarsi’, restituendo importanza preziosa al tempo presente, concentrandosi sull’esperienza del “qui” ed “ora”. Il pubblico si rapportava alle istallazioni, tra l’altro impreziosite da materiali quali legno, quarzo, ametista, tormalina, nelle tre posizioni umane: in piedi, seduti o sdraiati. Oltre al pubblico di partecipanti, c’era anche un pubblico di spettatori che poteva entrare nello spazio espositivo in qualsiasi momento ed osservare le istallazioni ed i partecipanti.
Tantissime le personali e collettive, nazionali ed internazionali, che nel corso del tempo hanno goduto dell’arte di Abramovic.
La geniale artista attualmente partecipa con un video, nel quale addenta e mangia una cipolla cruda portando così i visitatori a riflettere sulle sensazioni trasmesse dal cibo, all’evento La scienza in piazza, una grande mostra di arte contemporanea e scienza sul tema, appunto, dell’alimentazione, particolarmente interessante è difatti l’attenzione al rapporto tra il cibo e i cinque sensi. L’evento, fruibile fino al 13 aprile, coinvolge Bologna e si dipana in diversi sedi e quartieri. Fulcro della ‘festa’ è Golosi, arte e scienza del gusto, tra le proposte: opere d’arte contemporanea frutto delle intuizioni di svariati artisti (oltre Marina Abramovic: Boaz Arad, Cheryl Donegan, Gabriella Ciancimmino, Jorgen Leth ed altri), video, percorsi interattivi, laboratori creativi, giochi in piazza, spettacoli, exhibit scientifici.
[di Flavia Tartaglia]