Ma che cos’è la bellezza? A volte un concetto, a volte un interrogativo dalle soluzioni infinite. L’unico dato oggettivo è l’ideale di bellezza fisica, strettamente legato all’epoca storica, sociale, di un popolo.
Dalle ‘Veneri’ primitive dal volto solo abbozzato le cui figure valorizzano l’essenziale funzione materna della donna, dunque corpi dai seni e fianchi eccessivamente accentuati, al Canone classico creato da Policleto, visto in un corpo ben proporzionato e statuario, καλὸς (bello), imprescindibile, anzi riflesso di uno spirito etico, ἀγαθός (buono); dall’epoca medievale, periodo in cui la bellezza è censurata perché considerata caratteristica diabolica, quindi appannaggio solo di madonne e santi, al Rinascimento dove la bellezza fisica è sinonimo di purezza, gioia, raffigurata in fattezze dai colori eterei e dalle forme morbide. Se dunque una donna del 1500 si sentiva rappresentata dalla Venere del Botticelli o anelava ad una simile bellezza, non è lo stesso nel nostro XXI secolo, dove le ragioni sociali hanno favorito l’affermarsi di un modello di bellezza femminile atletico, vita stretta, forme sensuali, note come “pin-up”.
«Devo alle mie pin-up il fatto di poter ancora divertire, di essere vicino alla gente: militari, camionisti, carcerati… Il camionista non si attacca sul camion un quadro di Rauschenberg o di Jasper Johns, si attacca una bella pin-up», racconta Milo Manara, artista trentino, ma il fascino delle sue rappresentazioni femminili va ben oltre, fino a poter essere considerate le nuove ‘Veneri’, l’ideale di bellezza della nostra epoca.
Fedele alle sue doti ed inclinazioni naturali, Manara decide ben presto di dedicarsi al mestiere d’artista, il suo personaggio è immediatamente associato al ‘fumetto’, fu difatti cimentandosi con questo linguaggio che vide la possibilità di costruire un proprio ruolo nella società.
Il suo debutto si fa risalire alla fine degli anni Sessanta, come autore di storie erotico-poliziesche sulla collana “Genius”, cui seguirà un inarrestabile successo nazionale ed internazionale.
L’erotismo è il suo ‘marchio di fabbrica’, il sesso giocoso e solare ma inserito spesso in eclettiche trame, tematiche più cupe, come la violenza, o temi sociali, politici, satirici, dissacranti, e molto altro.
Tra le fondamentali storie della sua carriera: “Jolanda de Almaviva”, serie sexi di enorme successo; “H.P. e Giuseppe Bergman”, dove H.P. è un chiaro riferimento al suo maestro-mentore Hugo Pratt, con esso Manara crea uno dei suoi primi personaggi di successo; “Tutto ricominciò con un’estate indiana”, “El Gaucho”, “L’uomo di carta”; “Il profumo dell’invisibile” che sancisce il successo della seducente protagonista Miele, forse il suo personaggio femminile più famoso; “Viaggio a Tulum”, dove Manara trasforma il testo di Fellini in uno straordinario fumetto; l’illustrazione di un libro di racconti di Almodovar; la trasposizione fumettistica di tre classici della letteratura: “Gulliveriana”, “Kamasutra”,
“L’asino d’oro”; “46” storia a fumetti su Valentino Rossi; “Il pittore e la modella”, ovvero una sorta di personale viaggio nella storia dell’arte con particolare attenzione al rapporto tra le modelle ritratte in quadri famosi e i pittori che le dipingevano, tra le quali non manca la lasciva Salomè; “La parola alla giuria”, fumetto in cui vengono presentati importanti fatti storici o letterari sottoforma di processo ai grandi personaggi tra i quali Nerone, Elena di Troia, Attila, Nobel, Robespierre; la tavola, pubblicata su Il Fatto Quotidiano, in cui è raffigurato il defunto Papa
Wojtyla circondato da angeli di sesso femminile in pose provocanti o svestiti. E moltissimo altro.
Tra svariate collaborazioni, come con Larousse, Mondadori, le campagne pubblicitarie per Chanel, Fastweb, Permaflex, Yamamay; un accordo di esclusiva per Napoli Comicon; il titolo di Accademico Honoris Causa riconosciutogli dall’Accademia Belle Arti di Macerata, oltre che svariati premi e riconoscimenti in Italia e all’estero, Milo Manara è un inarrestabile ciclone di passione, «Disegno per raccontare storie, disegno per professione, disegno per gioco… insomma disegno perché appartengo al genere umano e non ne posso fare a meno…», ed i suoi numerosissimi e sensuali personaggi il ‘segno’ della bellezza tutta ‘contemporanea’.
[di Magdalena Sanges]