Da oggi Napoli ha un nuovo onorario cittadino: Toni Servillo. Il regista e attore italiano, nativo di Afragola, fiore all’occhiello del teatro napoletano e del cinema italiano, “maestro”, ha oggi ricevuto la nomina ufficiale di cittadino onorario di Napoli. «La definizione che tutti le danno è “maestro”. Incontrare “maestri” è la fortuna più grande, loro sono quelli che ti consegnano la chiave per aprire cuore e mente, navigare nella galassia inesplorata della propria interiorità, oggi noi in qualche modo le diamo le ‘chiavi’ di Napoli. Ma questo amore tra lei e Napoli esiste già da tempo, noi lo sanciamo con questo atto», spiega l’Assessore alla Cultura Nino Daniele.
La cerimonia si è svolta nella sala Baroni del Maschio Angioino, per l’occasione gremita.
Non si è trattato di un semplice conferimento ‘simbolico’ ma di un ‘simbolico’ spunto di riflessione collettiva a più occasioni sulla nostra storia, passata e contemporanea. «Noi viviamo una nuova forma di saccheggio demografico , i nostri migliori ragazzi sono costretti ad andar via, una colossale forma di spreco che immiserisce il nostro intelletto collettivo, degrada la convivenza civile, ci condanna alla marginalità. Si parla tanto di ridurre gli sprechi, cosa sacrosanta, ma forse questa è la principale forma di spreco»,con queste parole Daniele pone da subito l’accento su quello che egli stesso considera il punto cruciale: il rimanere. Tra i numerosi meriti umani e professionali di Servillo c’è difatti quello di essere restato sul territorio partenopeo, sempre legato e riconoscente ad entrambi i lati della medaglia della città.
«Nel corso della sua carriera Servillo ha intrecciato il suo percorso e la sua attività con la città di Napoli attraverso interpretazioni di testi di autori napoletani, sempre però rifuggendo dalle icone e dai luoghi comuni e dagli stereotipi che accompagnano rappresentazioni ormai antiche ed obsolete della nostra città», espone la pergamena di conferimento letta dal Sindaco Luigi de Magistris, l’intimo rapporto tra il “capocomico” e Napoli si è manifestato «Sin dai tempi della sua collaborazione con il gruppo Falso Movimento e successivamente con la creazione di Teatri Uniti, dirigendo e interpretando spettacoli di Enzo Moscato, Raffaele Viviani ed Eduardo de Filippo. Anche al cinema ha portato la realtà del nostro territorio […] Servillo contribuisce a rendere vivo, attuale e contemporaneo il patrimonio artistico di Napoli».
Oltre il prestigioso percorso artistico di Servillo, trapunto di storici successi fino al film Oscar La Grande Bellezza, durante la cerimonia si è dato particolare rilievo alla sua attività teatrale perché «Dal teatro è nata l’arte di Servillo e al teatro sempre ritorni», afferma Giuseppe Montesano nella sua lettura elogiativa, d’altronde «Il teatro è necessario alla vita ed al pensiero e risponde al bisogno giovanile di sperimentare e sperimentarsi», riflette l’Assessore Daniele. Una realtà, quella del teatro, strettamente legata a Napoli, sicuramente nella persona di uno dei più alti drammaturghi della storia napoletana, Eduardo de Filippo, una città che «Non sarà mai conformista, perché ha conosciuto la storia del teatro, Napoli non avrà mai il sonno della ragione, Napoli vivrà sempre attraverso il teatro, la musica, la cultura e l’arte […] io credo che chi incontra il teatro, chi incontra persone come te, chi incontra la musica, non potrà mai ‘addormentarsi’, e quando qualche volta si sentirà fiacco troverà dentro sé l’energia per andare avanti», assicura De Magistris, chiedendo poi ‘filosoficamente’ al nuovo cittadino un ‘aiuto’, con questa nomina che non è un ‘accrescimento’ formale della nostra anagrafe, per ‘accrescere’ quell’orgoglio di essere partenopei e napoletani.
Con emozione, in questo «Giorno che non dimenticherò mai», De Magistris rende ufficiale la nomina, consegna al “maestro” la medaglia della città di Napoli.
Servillo “Con emozione profonda e riconoscenza per questa città che amo”, queste le parole con le quali firma il libro d’onore, conclude la cerimonia raccontando non i «guai» del nostro territorio, né una storia autocelebrativa, ma dell’avventura di un cuore, «Io sono davvero molto felice, vedo un sacco di ragazzi e questo mi emoziona ancora di più, voglio rivolgere a loro le mie parole […].Io ho cominciato a frequentare questa città quand’ero un ragazzino, poco più che adolescente in quell’epoca in cui un cuore, un’anima, fa un grande sforzo per realizzare un destino individuale, e con rabbia questo sforzo si oppone a tutto quello che tu hai ereditato dalla famiglia, dalla cultura, dalla collettività. Da ragazzino provi questa necessità di liberarti da questo inconscio della famiglia, da tutto ciò che come un eredità si sedimenta nel tuo cuore e dai cui lacci ti vuoi liberare, e quello che impedisce in questo sforzo uno sviluppo pieno della propria personalità, l’affermazione di un destino personale, è forse la cosa che ci produce la più profonda sofferenza. Questa situazione di un cuore in quell’epoca della vita genera un sentimento molto forte che è il sentimento di una mancanza, ci manca qualcosa, non ce l’abbiamo, e questo sentimento di mancanza è speculare al desiderio di raggiungere una totalità che ci definisca, che definisca quella forza che noi riconosciamo come ‘destino personale’, quella totalità rispetto alla quale noi sentiamo di essere arrivati a compierci, a sentirci compiuti. Io ad un certo punto di questo momento di marasma della giovinezza ho capito, ho sentito, ho avvertito, che il compimento, che quella totalità, che potevano rispondere a quella mancanza erano due cose, e sono la stessa cosa: il teatro e Napoli».
Al termine di questa giornata concepita, sì, come omaggio ad un indiscusso grande artista, ma che nel suo spiegarsi è stata prezioso pulpito di numerosi temi come la cultura, l’arte, il passato, tutte realtà buone genitrici di una prospettiva futura, Servillo dedica a quell’avventura umana verso il riempimento di quella ‘mancanza’ la lettura di alcuni estratti di opere di Moscato e Borrelli. L’ultima parola letta di quei frammenti è significativamente ‘Amore’.
Lunghissimi applausi e standing ovation salutano la cerimonia e ne consegnano il ricordo alle memorie arricchite, anche da un ‘concittadino’ in più.