Si autodefiniscono un “movimento spontaneo di cittadini, apartitico, che promuove il decoro urbano, l’orgoglio civico, il volontariato, l’educazione e l’arte legittima”, sono i Retakers, gente che ha voglia di “riprendersi la propria città” – Roma, nella fattispecie – salvandola dal degrado e dalla sporcizia e ripulendola dalle aree monumentali e del centro fino all’ultimo palo della luce o cassetta delle lettere.
Il fenomeno è in atto già da un anno, ma è recente la sua ampia diffusione. La voglia di partecipare, di metterci la faccia, di rappresentare un’alternativa all’arrendevolezza, all’indifferenza e allo scontento sta contagiando sempre più persone. Scommettiamo che questi Retakers convincono anche voi?
Ludovico: «Roma può raggiungere e superare le migliori città europee per bellezza, decoro, pulizia, civiltà, legalità, riscoperta e custodia della migliore tradizione, e intelligente creativa innovazione. Cosa serve? Un atto di volontà generale e passare all’azione. Noi lo stiamo facendo. Gli amministratori dovranno prendere atto che non ci sarà più un popolo cialtrone, lassista, menefreghista, passivo, rassegnato, bensì uno attivo, esigente, evoluto, che propone soluzioni e cerca e pretende sempre il meglio dall’ambiente urbano».
Laura: «Io ero stufissima del degrado e dell’incuria che notavo quando scendevo in strada, una sensazione tra la tristezza, la demoralizzazione e il senso di impotenza. Ho cercato su Internet dei gruppi di volontariato urbano, in poche ore ero informatissima. Ora,quando le persone ci chiedono notizie e ci ringraziano mi sento orgogliosa».
Andreas: «La mia motivazione? amore incondizionato per il bello, anche quello nascosto. Quello che richiede dedizione, volontà e FIDUCIA per essere riportato alla luce».
Giorgia: «Abbiamo lasciato la città in balia di pochi, ma capaci di deturparla anche solo con qualche adesivo, pennarello o bomboletta spray, nascondendoci dietro la scusa del “ma noi già paghiamo AMA e forze dell’ordine, perché non ci pensano loro?”. La verità è che non c’è un senso di appartenenza e di rispetto per noi stessi e per la città in cui viviamo. Noi cerchiamo di dare il buon esempio dimostrando, a noi stessi in primis, che pur essendo una goccia nell’oceano siamo pur sempre una goccia, e pur sempre qualcuno. Perché Roma la fanno (anche) i romani, non solo i monumenti».
Parole sacrosante, chissà che non inneschino un ‘circolo virtuoso’ tutto italiano?
[di Chiara Ciolfi]