Uno spazio vuoto come una pagina bianca, quindi l’origine di illimitate possibilità; un rimanere immobile che non significa esserlo, poiché certe stasi sono estasi, la culla delle idee che a loro volta sono il punto di inizio di grandi movimenti, i progetti; 512 ore a disposizione… Ecco la nuova performance di Marina Abramovic.
Nel perfetto spirito delle sue esibizioni, l’artista serba, celebre per i suoi show ‘strani’, a volte pericolosi, dove è l’essere umano il suo capolavoro, continua a sviscerare la relazione tra artista e pubblico, tra limiti del corpo e potenzialità della mente, ed in particolare questa volta: tra ‘arte’ e ‘nulla’, o meglio, tra il ‘nulla’ e il ‘tutto’ che quel ‘nulla’ sottende, il che non è che sia proprio ‘niente’!
Questa volta è la Serpentine Gallery di Londra ad ospitare, ancora fino al 25 agosto, la sua genialità. Titolata “512 Hours”, la nuova performance di Marina ha certamente qualcosa in comune alla sua monumentale “The Artist is Present” presentata al MoMA nel 2010. Proprio come in quell’occasione, protagonista dell’esibizione è l’immobilità, il silenzio, l’energia e le infinite potenzialità che si sprigionano dalla relazione con il pubblico, esso stesso parte della performance, e ancor più con se stessi.
Negli ambienti essenziali della Galleria, che sottolineano e confermano l’importanza che il concetto di vuoto, di assenza, giocano nelle pratiche di Marina, l’artista “non fa niente” per 512 ore, negli orari di apertura della Serpentine, «Qualcosa succederà, ma non so neanch’io cosa perché si tratta di un esperimento, è come il primo viaggio sulla luna», dichiara l’Abramovic alla Illy, sponsor ufficiale dell’evento. La performer “non fa niente” nel senso che non c’è un programma, niente di pianificato, subisce ciò che decide il pubblico, quello che accade al momento.
Si tratta di quello stesso “niente” che appare quando in realtà si sta facendo una delle cose più importanti al mondo: pensare, crescere grazie al contatto interiore con se stessi o con quei rari ‘altri’ con i quali si crea un’artistica intimità. Laddove entrano in gioco i limiti, la resistenza mentale e fisica, l’imbarazzo, l’ansia, l’adrenalina, le emozioni, in definitiva la sensibilità, la stessa sensibilità creatrice dell’arte che in questo caso diventa essa stessa arte. (La sua arte sono le tue reazioni. Ndr)
Perché le persone possano vivere il ‘presente’, «Il tempo è una tortura. Nel presente il tempo non esiste», spiega Marina, sono invitate a lasciare al guardaroba orologi, telefonini, o qualsiasi cosa possa distogliere la loro attenzione dall’interno di sé o del progetto. Da questo vis à vis sia artista che visitatore (quest’ultimo può restare tutto il tempo che vorrà o anche tornare quante volte vorrà) catturerà qualcosa dell’altro, qualcosa di astratto, come un pensiero, uno sguardo, un gesto, che inevitabilmente forse resterà in qualche parte di sè.
Una serie di telecamere filma tutto ciò che accade nella ‘stanza vuota’, minuto dopo minuto, poiché anche di “512 Hours” è prevista la realizzazione, in seguito, di un documentario; mentre sarà possibile sia per i partecipanti sia per l’artista stessa, rilasciare una dichiarazione (stile confessionale) della propria esperienza in seguito ad ogni performance. Le testimonianze-resoconto della Abramovic sono fruibili sul sito Illy.
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[di Redazione]