Quando avevo 11 anni scoprii, per via dell’ora di educazione fisica, la palla a volo. Tra le tante cose che pensavo, e penso, di questo sport ricordo quel pallone da volley, lo trovavo pesante che quando c’era da battere mi defilavo furtivamente e lasciavo il compito sempre a qualcun altro. Così il mio professore un giorno mi fece fare un esercizio. Mi lanciò da lontano una palla medica insieme ad un avviso “Attenta eh”, io raccolsi quella palla al volo e con il mio gesto probabilmente raccontai a tutta la classe una tipica scena alla Bridget Jones, le mie braccia nel riceverla quasi finirono raso terra per quanto pesasse. Una volta che la palla medica era tra le mie mani, il divertito professore mi disse di lanciare la palla in aria e poi riprenderla, per 3 serie da 20. Finito il compito mi ordinò di tornare in campo, giocare a palla a volo con i compagni, ed essere io la battitrice. Quando presi quella volley ball e la battei nell’altra metà campo, ricordo la sensazione, il peso, la consistenza, di quella palla erano quasi inesistenti, a stento ne sentii il tocco, quello stesso tocco che prima dell ‘Educazione’ della palla medica mi sembrava stancante. Se ad oggi dopo 16 anni ricordo perfettamente tutto di quell’ora di educazione fisica, forse fu allora che io imparai ed iniziai a dare il giusto peso alle cose.