Mentre penso, con gli occhi semichiusi, tengo d’occhio un insetto sulla tenda: è piccolo e corre veloce in una piega della stoffa leggera e va su e giù, giù e su, zigzagando e non riesce ad uscirne. Se non lo aiuto la sua già breve vita finirà prima del tempo.
Ho la netta sensazione di galleggiare. E’ possibile galleggiare su un divano? Se sei una medusa molliccia immersa in un mare di sudore sì, è possibile. Devo proprio alzarmi, fare una doccia, vestirmi e andare. Ma sudo e sudo ancora di più al solo pensiero delle cose da fare. Ma perché? Chi mi obbliga a lasciare questo divano in cui ormai sono sprofondato? Un barlume di buon senso mi impone di andare.
Povero Ennio. Se tutti gli invitati oggi pensassero: “Che importa se io ci sono tanto ci andrà un altro” …si ritroverà solo alla presentazione del suo libro.
Il vecchio trucco del “fra poco mi muovo e vado”. A volte finisco per crederci io stesso.
E intanto il tempo passa e proprio quando, ho violato la pigrizia, vinto l’indolenza, e deciso: adesso basta vado! Guardo l’ora, e… peccato! Non ce la farò mai!
Non ce la farò mai. Fà la doccia, lo shampoo, la barba, e tagliati! Si tagliati, perché puntualmente ti tagli sempre, e allora aspetta che si secchi la ferita, mettici su un pezzetto d’ovatta, scegli la camicia adatta, il vestito, la cravatta, le scarpe, prendi i cellulari, la tracolla, no forse la tracolla no, ah il libro di Ennio, un po’di profumo, e allora torna indietro cerca nel mobiletto nel bagno un profumo che non sia ancora secco. David Off! Troppo datato, Hugo Boss. Ecco Hugo Boss va bene, e che Hugo Boss sia. Spruzza il profumo. Dietro le orecchie? Dove si mette? Spruzzalo nell’aria e poi passaci al centro. Troppo secco, non spruzza, maledizione. Dietro i lobi, allora due goccie di David Off dietro i lobi andranno bene comunque. Ricontrollati allo specchio. Cos’è quella cosa bianca sul viso? Dentifricio! Com’è arrivato del dentifricio sulla guancia? Possibile che non ti accorgi mai di avere del dentifricio da qualche parte stupido coglione! Lo sfreghi, togliti maledetto. Ti casca in mano dell’ovatta. Ah giusto. L’ovatta. Era l’ovatta. Adesso sei pronto. Vai. Allora ci siamo. Daccapo, prendi la tracolla, chiudi la porta a doppia mandata, aspetta l’ascensore, và verso la metropolitana, sali le scale, aspetta il treno, monta sulla carrozza, scendi a piazza Garibaldi, prendi le scale mobili stretto nella carovana di gente lenta che impedisce di muoverti, fremi perche è tardi e vorresti correre e non si muovono, e arrivi in cima finalmente, giri a destra per la circuvesuviana, e no, i controllori devono controllare il titolo di viaggio e cerchi il titolo di viaggio tra le tasche, l’hai messo nelle tasche, nella tracolla, dove l’hai messo, nel libro.. ecco.. ecco il titolo di viaggio signori controllori che controllate e fate bene il vostro lavoro, si, ma non si capisce perché non controllate quello zingaro che ha acceso già la sigaretta al chiuso e passa strafottente davanti a voi e voi controllate proprio me, perché certo, è meglio controllare uno in giacca e cravatta che è ovvio abbia fatto il biglietto e finalmente vai, prendi le scale della circumvesuviana, prendi il treno, scendi a Cavalli di Bronzo, sali sulla scala mobile, cammini verso Villa Bruno, e ..dove sono tutti? E’troppo tardi? Ennio? Ennioo??
Ennio. Suona il cellulare: mi desto. E’ Ennio, preoccupato perché non mi ha visto arrivare, mi chiede dove sono, se può essermi utile o venirmi a prendere in stazione. Gli mento spudoratamente. Accuso un mal di schiena lancinante, una lombo-sciatalgia che mi ha preso alla gamba destra, fino alla caviglia. Tiro in ballo la mia ernia del disco. Parlo, parlo. Per fortuna almeno in questo sono infallibile.
Pur di non muovermi dal divano venderei anche mia madre!
Ennio, pover’uomo, cerca anche di consolarmi: “Mi raccomando, Maurì, non stancarti, non portare pesi, già ti conosco. Quando domani starai meglio ti metterai davanti al computer per una giornata intera. Ti fa male! Devi staccare ogni tanto, prenderti un giorno di ferie. Stà un po’a casa. In poltrona magari, a riposo. Ti chiamo più tardi per sapere come va eh? Ciao!”.
E’ veramente un caro amico. Mi sento in colpa per avergli mentito. Sono una carogna. Una vera carogna. Sono pessimo. Ma non è colpa mia. Sono stanco. Non è pigrizia, no. Sono proprio stanco.
E mi giro perché la barba preme sul guanciale e mi punge. E mi sono attaccato alla pelle del divano. Oddio che dolore. Ecco supino, supino forse sto meglio…
Mi appisolo e ho la sensazione che i cuscini che ho sotto la schiena, le gambe e dietro la nuca mi stringano in un abbraccio, e gonfiandosi mi avviluppino tutto, impedendomi di muovermi. Mentre sto scivolando in un dolce dormiveglia li sento sussurrare all’orecchio, mi parlano, si sono loro che non vogliono che vada, non sono io, sono loro, sono i cuscini, che si attaccano a me e mi spingono sempre più giù, li sento, maledetti: “Maurì..ma chi te lo fa fare? Stai così bene con noi, dai, non ci lasciare”..sono loro..
Ti vedo insetto ancora intrappolato nella mia tenda. Siamo rimasti io e te. Ti vedo con l’occhio libero. Io intrappolato qui e tu nella mia tenda.
La brezza che muove la stoffa non ti aiuta, anzi ti incastra ancora di più nelle onde di tessuto e domani mattina ti troverò stecchito, ancora più piccolo, con le zampette in aria, e magari non ti vedrò nemmeno e ti schiaccerò sotto la pantofola.
Chi vuoi che si ricordi di un piccolo insetto incontrato la sera prima, dopo un pomeriggio accidioso e una notte che promette di mantenere tutte le sue promesse di afa e sudore?
Ne vedo un altro, un altro insetto ancora più piccolo che gli corre incontro. Fra poco si incroceranno e allora il grande mangerà il piccolo. Dove ho letto che alcuni insetti grandi mangiano i piccoli?
Stanno per incontrarsi. Dò già il grande dieci a due, quando con uno scarto..si evitano. Bruscamente uno a destra e l’altro a sinistra, continuano il loro pazzo carosello.
Se non li aiuto moriranno. Forse non si accoppieranno più, ma gli insetti si accoppiano? Non berranno più.. Non gioiranno più. Non si fermeranno mai e forse impazziranno. Perché so per certo che gli insetti possono impazzire. Hanno una mente anche loro e allora possono impazzire. Certamente sarà così.
Loro non sanno che li sto studiando e mi fanno pena in questo loro inutile e sterile affannarsi. Non sanno che io sto decidendo di farli vivere o morire.
Chissà se anch’io non sembro, steso su questo divano, uno stupido e piccolo insetto e se non c’è qualcuno che mi sta osservando e che decidendo di aiutarmi, allungherà una mano, o con un dito capovolgerà il divano per farmi atterrare sul parquet, sottraendomi al pantano dov’è immerso il mio grasso e informe corpo.
Mi alzo e con un colpo deciso libero i due insetti dalla tenda.
[di E. Poll]