I colori hanno un significato psicologico e fisiologico. Dietro la predilezione di un colore, ad esempio, c’è la chiave di lettura di se stessi, dei bisogni, dei disagi, tanto da risultare degli ottimi ‘mezzi’ anche nella ricerca terapeutica, un test basato sui colori può fornire dati psicologici attendibili. A tal proposito Max Luscher con il suo ‘Test dei colori’, ideato nel 1949, ha fornito un valido strumento per tutti gli psicoterapeuti e non solo. Nel suo test cromatico, ad esempio: il blu rappresenta la calma, la gratificazione, la soddisfazione di essere in pace; il rosso è espressione della forza vitale attiva, del desiderio, del potere, della produttività e di tutte le forme di appetito; il giallo, suggestivo, luminoso, stimolante, è il colore dei riflessivi, degli allegri, degli acuti, di chi desidera rilassarsi, o attende una assoluta felicità; il viola, creato da una sorta di unione mistica tra la natura del rosso e quella del blu, è tipico di chi vuole raggiungere un rapporto magico, di chi vuol essere conquistato ma al contempo esercitare un alto grado di fascino sugli altri, ma il suo carattere ‘irreale’ di soddisfazione può anche dar luogo all’irresponsabilità, secondo una statistica il viola è preferito da persone mentalmente immature, come gli adolescenti; il nero è la negazione del colore stesso, rappresenta la rinuncia, una rivolta testarda contro il fato, o almeno il proprio, la fine, l’abbandono; e così via.
Ecco che il rapporto tra colori e psiche è molto più intenso e significativo di quanto si possa pensare. Non a caso i colori sono il supporto peculiare dell’arte, laddove l’arte è il farsi materia di un mondo interiore e, da lì, della percezione del circostante.
Raluca Andreea Hartea, giovane artista visiva, rumena, che vive e lavora a Milano, influenzata dai suoi studi di psicologia analogica e comunicazione non verbale, sviluppa l’idea di un dialogo tra arte e psiche, ma lo fa in un modo personalissimo: con il metodo dell’ipnosi e la ‘lettura’ dei colori. Metodo assolutamente insolito, ella ritiene che l’ipnosi non sia una perdita di controllo, bensì uno stato di rilassamento profondo, condizione utile per accedere alla parte più intima di ciascuno e portare l’universo di ‘dentro’ al di ‘fuori’; ed inoltre si tratta di un fenomeno naturale, spiega l’artista, in quanto sperimentiamo una trans ipnotica, quasi senza esserne consapevoli, ogni giorno, quando finiamo su ‘un’altra dimensione’ e ci lasciamo rapire, affascinare, dimenticando lo spazio e il tempo intorno a noi: ogni volta che pensiamo, che fantastichiamo, ogni volta che amiamo, o quando leggiamo un romanzo particolarmente coinvolgente, o ci lasciamo assorbire da una canzone.
Nel suo progetto ‘Emotive Portraits’ (‘Ritratti Emotivi’) Andreea realizza opere d’arte usando la tecnica dell’ipnosi direttamente sui suoi ‘partecipanti’. Seguendo infatti le logiche della psicanalisi, il processo di realizzazione si basa sull’incontro, sulla fiducia, tra lei ed alcuni artisti italiani contemporanei, «Mi sono avvicinata all’arte grazie agli artisti», racconta.
Hartea viaggia recandosi, ospitata, negli studi di vari artisti, entrata nel loro spazio personale però va ben oltre, fino al loro spazio più intimo: gli artisti sono posti in uno stato di leggera ipnosi, l’artista prima raccoglie delle informazioni con delle ‘interviste’, una sorta di dialogo silenzioso basato soprattutto sull’osservazione del linguaggio del corpo, ne prende nota, e poi in un secondo momento elabora. Il tempo di realizzazione varia a seconda dell’individualità con cui ha a che fare. Un modo questo per ‘mappare’ anche la situazione dell’arte contemporanea italiana proprio attraverso i suoi artisti.
Da quest’empatia nascono Ritratti Emotivi unici, unici come le impronte digitali di ciascuno di noi. Non a caso le immagini delle sue opere sono delle grosse impronte digitali, «volti concettuali potremmo dire», dove il protagonista non è, dunque, l’aspetto estetico di una persona ma le sue emozioni.
Il lavoro si svolge su due strati: un foglio di poliestere siliconato sul quale viene dipinta un’impronta digitale colorata, dietro ad ogni colore scelto, potenti evocatori di tutti i dettagli di un vissuto, si nasconde l’esperienza emotiva degli artisti; una tela monocromatica, sulla quale viene poi fissata quell’impronta, il colore che la parte viscerale di ciascun artista sceglie per lo sfondo rappresenta l’aspetto più significativo. La dimensione del quadro è data dall’idea che il soggetto ha del proprio ego. La ‘lettura’ nel complesso rivela le personalità.
Gli artisti sino ad ora coinvolti nel progetto sono 10 ma l’idea è di arrivare a 50 ‘interviste’. Il lavoro confluirà nella realizzazione di una sorta di libro, fatto di schede, quindi non rilegato per renderlo più fruibile, tutto da scoprire, che sia una sorta di racconto dell’identità dell’arte italiana contemporanea.
Per proseguire ed ultimare il suo geniale progetto Andreea necessita di divulgazione e sostegno. A tal proposito ‘Emotive Portraits’ è stato presentato a Torino, poi a Roma, e domani 5 giugno sarà a Milano presso Uncut Studio dove verrà proiettato un curioso approfondimento, un film su Freud e l’ipnosi; ed è attiva una campagna di reperimento fondi, che durerà fino all’11 giugno, sulla piattaforma americana Kickstartee, per partecipare basta andare su Kinckstartee e fare una donazione, in cambio si potrà ricevere un regalo… anche se il dono e la sorpresa più grossa sono la conoscenza del mondo interiore di un’artista che del ‘mondo interiore’ ne ha fatto il mordente, l’ingresso, il prodotto ed il fine della sua arte.