“Non volevo fare uno spettacolo classico e lineare, volevo creare qualcosa, seguire l’idea di Dalì, fare qualcosa di surreale: delle scene fuori dal tempo”
Continua il successo della rassegna Vissi D’arte la quale vede cinque spettacoli incentrati sulle biografie di grandi pittori, gestiti da più compagnie italiane. Nonostante la manifestazione organizzata da Mirko Di Martino durasse in origine dal 12 al 18 settembre 2016, varie sono state le date aggiuntive.
Il 24 settembre si è replicato al Nuovo Teatro San Carluccio lo spettacolo DALÌ-il surrealismo sono io, storia di Salvador Dalì, pittore poliedrico e appunto surrealista, una delle maggiori personalità del ‘900. Regia e drammaturgia sono di Antonio Demian Aprea, il quale interpreta anche il pittore, Carlotta Galmarini è Gala, Luca Manneschi alla chitarra.
«Non volevo fare uno spettacolo classico e lineare, volevo creare qualcosa, seguire l’idea di Dalì, fare qualcosa di surreale: delle scene fuori dal tempo», afferma Aprea riguardo la sua ancora acerba ma piena di potenzialità regia. Procedendo quasi a scatti, da un quadro all’altro, passando per i momenti salienti della vita dell’incontenibile artista, le scene sono scandite quasi costantemente dalla presenza di Gala, moglie di Salvador Dalì.
Dal difficile rapporto con i genitori all’Accademia, dal periodo della Seconda Guerra Mondiale alla tarda vecchiaia: tutta la vita e la poetica del pittore rientrano nella anche troppo eclettica commedia. Il ritmo è scandito da pochi, essenziali, momenti di luce intermittente, rossa nelle fasi più folli, blu durante il suo incontro con la spiritualità.
La musica è in un certo qual modo bipartita, alle volte viene dalle casse e funge da colonna sonora della rappresentazione, altra è suonata dal vivo ed è volta a sottolineare i momenti più intensi dell’interiorità del pittore. Manneschi oltre che chitarrista è anche “personaggio tuttofare”, interpretando al volo svariate figure, da Picasso al cameriere dell’artista.
La scenografia è complessa, quasi barocca, con riferimenti continui alle sue opere. Gli stessi attori in qualche modo ne fanno parte e si prestano alla volontà estetica che fu di Dalì, con improvvise scene di nudo, abiti come muletas e oggetti che richiamano al metaforico.
«Il mio Dalì è un bambino fragile e autoironico rispetto ad altri che si prendono più sul serio», afferma Antonio Demian Aprea riguardo il suo iperattivo personaggio. Nelle orecchie dello spettatore, durante la rappresentazione, non potrà non risuonare la celebre affermazione del pittore: «L’unica differenza fra me è un folle è che io non sono folle!».
[di Francesca Lomasto]