A Napoli tutto è arte. Sarà quell’aria suggestiva, carica di una tensione artistica vecchia di secoli che impregna qualsiasi luogo e qualsiasi oggetto, ad ispirare le menti estroverse degli artisti contemporanei. Fatto sta che, con un pizzico di ironia e di spirito critico, anche un banalissimo segnale stradale può trasformarsi in un’installazione creativa ed ospitare addirittura “omini viventi”.
È quanto è riuscito a fare Anacleto Abraham, pittore e scultore francese, classe 1966, in una sola due-giorni di bike: girovagando tra le vie della città partenopea nel febbraio scorso ha “rivisitato” accessi, obblighi e divieti con simpaticissimi “fumetti adesivi animati” che interagiscono con il messaggio stradale in modo libero e curioso.
E così, ad esempio, la barra orizzontale di un divieto di accesso, lungo via dei Tribunali nel centro antico, viene tenacemente spicconata dall’omino, mentre, poco più avanti, sullo stesso decumano, un’altra silhouette chiede aiuto per riemergere da una pozza di sabbie mobili. Su via S. Brigida, invece, in piena via Roma, all’interno di un’altra coppia di divieti di accesso si ripropone uno slogan alternativo: a sinistra, un pugno supersonico finisce sul muso di un profilo e a destra un vigilie innamoratissimo bacia il suo rettangolo bianco. E ancora nel centro storico un poliziotto agita il suo manganello e un barra di divieto diventa bara funebre per un omino disteso (proprio nei pressi della via dedicata al misterioso principe di Sansevero, ndr.), mentre una mano ciclopica afferra un omino in via Toledo e sul lungomare di via Partenope un obbligo di andare dritto diventa una bella lisca di pesce (quasi in tema in tema con l’attività marinara dei barcaioli del posto, ndr.).
Insomma, è questa urban art al 100%, o meglio ancora, street art, perché, secondo quanto crede il quasi cinquantenne artista bretone: «la miglior esposizione è la strada».
Si arricchisce così il melting pot contemporaneo delle incursioni artistiche lasciate a Napoli dai “ribelli dell’arte” che preferiscono, ai contenitori museali, i luoghi vissuti della città come pelle nuda su cui tatuare i loro disegni. Dopo Žilda e Bansky, è il turno di Clet, questo il suo soprannome. Dopo un puntatina in altre città italiane ed europee – Londra, Roma, Firenze, Pérouse, Parigi, Prato, Milano, Quimper ed altre ancora – Clet ha scelto di omaggiare anche Napoli. Le ha dedicato perfino un cartello ad hoc su cui campeggia una maiuscola N e un segnale di divieto di accesso di via Tribunali su cui ha attaccato un vigile urbano che gioca a puzzle con la stessa barra orizzontale: titolo dell’opera “Napoli, città perplessa”.
‘L’artista dei cartelli stradali’, come ora viene anche celebrato, risiede ed opera nel nostro paese da più di 18 anni. Vive a Firenze ed è qui che ha cominciato a giocare con i cartelli stradali. Figlio dello scrittore Jean-Pierre Abraham nonché guardiano del faro di Ar-Men al largo dell’île de Sein in Bretagna, Clet ha atteso la sua “maturità artistica” per «affrontare il pubblico e dare sfogo al desiderio di contrappormi al potere, simbolicamente rappresentato dai cartelli stradali. La legge giustifica se stessa, non preserva il cittadino che la rispetta solo perché ha paura e non perché crede nelle regole». Un esplicito carico di contenuto socio-politico anima dunque le sue creature adesive, per un’arte molto semplice, alla portata di tutti, utile a sviluppare senso critico nelle mente di chi osserva. In effetti l’artista con questa ricerca si confronta con la mentalità mediatica dei meccanismi commerciali della pubblicità. Se migliaia di immagini, spot e poster bombardano ogni giorno le menti dei cittadini dettando legge nello spazio comune, ma al tempo lo Stato punisce chi “lo vandalizza”, qual è il metro di selezione per decidere chi può mostrare di sé davanti a tutti? Forse il denaro? Ma garantisce qualità di contenuto e forma? Con questi interrogativi l’artista francese spera che questo «desiderio comune di materializzarsi sotto gli occhi di tutti» venga educato anche con un senso di responsabilità civica.
Ma non è solo sfida alle istituzioni, c’è anche un’etica che riempie di significato e di professionalità le sue rielaborazioni. La scelta dei cartelli stradale “apre la strada” a Clet per riflettere se «la vita è o non è una strada senza uscita?» e per la serie ‘l’arte non è stupida’ egli si impegna ad aggiungere «un valore sia estetico che riflessivo, quindi, e soprattutto, produttivo».
Forse che le sue animoticon stilizzate possano alterare la fruizione della segnaletica da parte degli automobilisti? Clet riconosce ai cartelli stradali un ruolo di organizzazione della viabilità, ma «l’unica sicurezza è l’attenzione e responsabilità del guidatore». Magari in questo modo, se prima, nessuno o pochi rispettavano la segnaletica verticale, adesso la maggiore attenzione della circolazione, può farti guadagnare la scoperta di un fumetto divertente che ti fa anche pensare.
Degrado urbano. L’autore si concentra anche su questa sfida aprendo un tema caldo e ben noto nella street art. Egli si chiede se: «con quali intenti e a quali condizioni può essere legittimo invadere lo spazio visivo altrui?» ed è convinto che la polemica contro l’aggressione di scritte, pitture, dipinti e tag su proprietà pubblica debba essere innanzitutto compresa, anziché repressa. Nel suo caso il danno è inesistente perché le sue animazioni non sono altro che stickers facilmente rimovibili. Con questo espediente egli rispetta due regole del suo lavoro: «non intralciare la funzione originale del luogo di intervento…ed essere quanto possibile attento a non danneggiare».
Non sottovalutate mai nulla a Napoli, ogni cosa può essere veicolo e strumento per fare arte, alzate sempre lo sguardo e catturate ogni angolo che vi circonda!
-Giovanni Postiglione-