Fino al 26 aprile, a Roma, Senzatomica: l’esposizione di armi nucleari, di fotografie, documenti, interviste, istallazioni sonore; ‘ricostruire’ l’atmosfera della Guerra Mondiale per ‘ricostruire’ le coscienze.
A Roma c’è una mostra che usa l’arte come mezzo per disarmare gli spettatori. Un evento teso a dimostrare come, con un buon comportamento, anche un semplice individuo può contribuire a migliorare il mondo.
Senzatomica è una mostra incentrata sulle armi nucleari.
Nel venire a conoscenza di una mostra del genere, probabilmente verrà spontaneo chiedersi perché organizzare una mostra di armi e annoverarla tra le esposizioni artistiche.
Senzatomica non è solo un’esposizione di armi nucleari ma anche di fotografie, di documenti. E non si tratta di una mostra “muta”: nel percorso sono inseriti padiglioni in cui è possibile assistere a video, documentari e interviste che tentano di fornire una fedele ricostruzione storica del periodo. Ciò che accade è una totale immersione nell’atmosfera della II Guerra Mondiale.
E se si volesse affrontare il discorso non da un punto di vista ma da un “punto d’orecchi”? C’è un’installazione che riproduce il rumore sordo della bomba atomica, per ricordare a pieno un evento storico difficile da racchiudere in parole.
Ma perché si parla di arte, di cultura? Oltre all’importanza dell’accurata ricostruzione storica, la mostra vuole esprimere quanto segue: l’arte modifica lo spirito. L’arte disarma.
Il disarmo è proprio ciò che Senzatomica – fino al 26 aprile, allo Spazio Facoty della Pelanda – vuole generare: “trasformare lo spirito umano per un mondo libero da armi nucleari e il disarmo parte da me”, è solo uno dei tanti slogan esposti sugli autobus romani. Tali slogan mirano ad anticipare le riflessioni cui mira Senzatomica: il rapporto tra individuo e massa; la potenza del comportamento individuale; l’importanza di ricordare.
L’arte diventa, in poche parole, arma di “disarmo” – un disarmo che deriva dall’impossibilità di chiudere gli occhi dinanzi a ciò che l’essere umano è in grado di fare.
In un periodo storico come il nostro, dove la guerra viene facile e dove facile è anche omologarsi al comportamento altrui, un evento del genere – che premia l’individuo e il credere nelle scelte giuste, di pace – è ammirevole e, soprattutto, aiuta a non avere la memoria corta e a non sottovalutare la portata delle proprie azioni.
[di Ambra Benvenuto]