A Palazzo della Regia Dogana è possibile osservare sette modi di fare fotografia, esplorando sette mondi differenti, camminando da una stanza all’altra
Una stessa cosa risulta avere mille sfaccettature, essere quindi differente, a seconda di chi la osserva. Questo relativismo è ciò che regola anche l’arte della fotografia che mostra essere l’espressione della visione personale degli artisti.
Molti ricorderanno, ad esempio, che non molto tempo fa circolava su internet un articolo, corredato da una serie di foto-ritratti, che dimostrava quanto determinate informazioni influissero sul fotografo e, di conseguenza, sul suo modo di rappresentare la persona alla quale doveva scattare una foto.
Ciò che accade in “Seven Doors” riprende il filone di questo discorso: sette artisti, ognuno in una stanza (per l’appunto: dietro “sette porte”), sono stati chiamati a confrontarsi sul ritratto di Issei Fujita, un giovane stilista nipponico.
Il risultato, visibile fino al 18 dicembre presso Palazzo della Regia Dogana a Roma, è molto particolare. Infatti, pur trattando dello stesso tema, gli scatti in esposizione mostrano quanto la sensibilità, il vissuto, la formazione, le esperienze personali del fotografo svolgano un ruolo determinante in ciò che si sceglie di rappresentare.
“Seven Doors” permette di esplorare effettivamente sette mondi diversi: quello quasi pittorico e con influenze dal mondo antico ed etnico di Fernanda Veròn e Mote Sinabel Aoki; quello contraddistinto da colori forti, accesi e contrastanti di Matteo Basilé e Angelo Cricchi; quello dall’atmosfera intima e contemplativa di Susanna Ferrante e Nicol Vizioli fino ad arrivare all’analisi del soggetto, riscontrabile nelle fotografie di Laurant Segretier.
[di Ambra Benvenuto]