Smith&Wesson, il vero protagonista di questo spettacolo è la Vita e ciò che si fa per essa, compreso il perderla
Smith&Wesson, spettacolo teatrale dall’omonimo libro di Alessandro Baricco, è in scena il 31 marzo e il primo aprile al teatro Il Pozzo e il Pendolo, in Piazza S. Domenico, Napoli. La regia è di Paolo Cresta, con Marianita Carfora, Antonello Cossia e Paolo Cresta.
Il testo originario è stato messo in scena quasi del tutto letteralmente, tranne la parte finale, che è stata ridotta all’osso. Decisione, questa, estremamente funzionale non solo per le scelte sceniche ma anche per lo spirito più profondo dell’opera. Al centro di tutto vi sono l’esistenza, i rapporti interpersonali. C’è il vissuto di Smith e quello di Wesson, quasi perduti e ringiovaniti poi dalla presenza di Rachel, c’è la voglia di quest’ultima di esser se stessa. Ci sono, infine, i racconti di vita vissuta annotati da Smith nel suo taccuino, letti nel momento culminante dello spettacolo.
La struttura è anch’essa semplice, lineare ed essenziale. Come afferma Paolo Cresta: «Siamo partiti da uno spazio vuoto cercando di rimanere nello spazio vuoto. Soprattutto ci piaceva che tutto fosse sospeso, aereo, leggero, perché la vera forza vitale la portava l’unica (Rachel N.d.R.) che non c’entrava niente con tutto questo. Ci interessava la leggerezza. Nulla che schiacciasse la storia ma che fosse la storia a riverberare da sola». Il suono onnipresente delle cascate, la musica rara ma significativa, le luci e sopratutto lo sguardo dei personaggi sono poche pennellate in leggeri colori primari che dicono tutto.
I tre attori portano in vita vividamente i personaggi di Baricco. Tom Smith, limpidamente interpretato da Paolo Cresta, è un “adorabile” inventore, colto, ricercato per truffa e molto calmo tranne che se sgridato, in tal caso la sua rabbia divampa e ammutolisce tutti gli altri. Jerry Wesson, bel ruolo di Antonello Cossia, è un “pescatore” di corpi che vive all’ombra del padre, quasi burbero ma estremamente umano. Questi due uomini, impassibili come tipico dei personaggi dell’autore, sono scossi dalla frenetica presenza di Rachel Green. La giovane ragazza porta in loro la vita con un’innocenza e un entusiasmo quasi filiale. Afferma Marianita Carfora: «Io li tocco, li abbraccio ma non c’è nulla di seduttivo o sensuale, come i bambini che quando ti parlano ti pongono le cose con una semplicità disarmante».
Cossia, nel lavorare sul testo, si è anche riallacciato alla lettera di Michele, ragazzo che si è tolto la vita qualche mese fa. Spiega l’attore: «Secondo me il teatro deve ogni volta guardarsi intorno e affondare in qualcosa di contemporaneo, non fosse altro che è fatto nel tempo in cui si vive. È la dimensione di una gioventù che aspira a qualcosa. La divisione delle generazioni è stata messa per dividerci. Nel testo vi è una concatenazione di cose che porta al risultato, con il coraggio però di tutti e tre».
Nel testo è detto:
Il primo essere umano nella storia degli esseri umani salterà dalle cascate del Niagara non per farsi fuori, ma per vivere, una volta buona, e vivere davvero!
Questo riassume il senso dello spettacolo, il cui vero protagonista è la Vita e ciò che si fa per essa, compreso il perderla.
[di Francesca Lomasto]