Destino, amore, fedeltà, perdono… sono le parole chiave di “The Pride”, testo costruito sull’alternanza tra due storie distinte e separate che si svolgono in periodi diversi: il 1958 e il 2015. Le azioni che Philip, Oliver e Sylvia compiute nel 1958 influenzano e spiegano quelle che avvengono nel 2015
In scena al Teatro Bellini di Napoli fino al 28 febbraio, “The Pride”, per la regia di Luca Zingaretti. Lo spettacolo porta in scena l’alternarsi e il sorprendente intreccio di due storie distinte e separate e che si svolgono in due epoche diverse: gli ancora troppo retrogradi anni Cinquanta e il 2015, anno in cui almeno in apparenza l’omofobia sembra quasi del tutto sconfitta.
Nella Londra del 1958 Philip conosce Oliver, scrittore per ragazzi, nell’elegante e sobrio salotto di casa sua, durante un incontro organizzato da sua moglie Sylvia, che sta lavorando alle illustrazioni dell’ultimo libro di Oliver. Tutto nella stanza, dal colore delle pareti alla scelta dei mobili, sembra richiamare l’attenzione sul grigiore dell’esistenza dei due coniugi, imprigionati tra le mura del loro stesso “nido d’amore”, se d’amore si può parlare.
Un affascinante incrocio di immagini, che quasi crea suspense in sala, accompagna da un epoca all’altra. Nel 2015, invece, un moderno Oliver, giornalista, è intento a ricostruire la sua storia con Philp, aiutato dalla cara amica Sylvia che a sua volta sta cercando di vivere al meglio la relazione con Mario.
L’alternarsi delle scene fa sì che lo spettatore si renda conto che situazioni all’apparenza molto diverse sono in realtà saldamente legate tra loro.
Negli anni Cinquanta si assiste alla paura di rivelarsi per quel che si è, perché tutto ciò che è considerato “diverso” viene anche automaticamente interpretato come malattia, dalla quale addirittura si può guarire con la giusta cura. Al giorno d’oggi invece una maggiore libertà di espressione della propria sessualità non è sinonimo di sicurezza in se stessi e nei propri sentimenti, né tanto meno può fare da scudo a giudizi fuori luogo di chi sostiene di perorare la causa gay.
I protagonisti delle due storie parallele hanno tutti gli stessi dubbi e le stesse paure, indipendentemente dal periodo storico nel quale vivono le loro vite. Il filo conduttore che unisce le due scene, ma anche i personaggi, è il bisogno, la necessità impellente di amare e di farsi amare alla luce del sole, senza timori.
Il destino, l’amore, la fedeltà e il perdono sono le parole chiave di questa rappresentazione – basata su un testo teatrale di Alexi Kaye Campbell – magistralmente interpretata dallo stesso regista Luca Zingaretti (nel ruolo di Philip), Maurizio Lombardi (Oliver), Valeria Milillo (Sylvia), Alex Cendron (Impegnato in poliedrici ruoli che fanno da raccordo tra varie scene ed epoche).
[di redazione]