Lo avvertiamo costantemente, o almeno io, che si può far di più.
Trovi un vestito che ti piace, che ti sta discretamente bene ma senti che se, se avessi girato di più se avessi cercato meglio se avessi avuto più soldi se ti fossi abbronzata un po’ se fossi più in carne se.
Dici di ‘sì’ ad un lavoro, che è discretamente remunerato, discretamente bello, ma senti che se, se avessi studiato di più se avessi conosciuto più persone se avessi viaggiato di più se avessi potuto aspettare ancora un po’ se avessi più concentrazione se avessi qualche anno in meno se.
C’è una giornata di sole, che ti ricorda discretamente il senso della vita, ma sai che esiste il mare i falò gli appartamenti in Puglia ai Caraibi in Grecia gli acquapark e Disneyland le ville il panorama le graffe calde i bar sulla darsena gli sguardi i baci caldi come luglio e soddisfacenti come l’improvvisa fresca brezza ad agosto.
Ti stai perdendo qualcosa.
Quella sensazione che tutte le tue potenzialità non… non vivono alla loro ennesima potenza. Che da qualche parte c’è qualcosa in più.
(Lo spazio dell’irrequietezza, del ‘tradimento’).
Ogni sera io e le mie pagine bianche ci guardiamo negli occhi, vorrei scrivere qualcosa di sensazionale. Vorrei dire Tutto e nel modo Migliore. Ma quando vado a letto sento di non aver detto abbastanza.
Ma non è sempre stato così, rare (forse unica) volte ho sentito il sazio, il giusto, il perfetto, il ‘tutto’, il ‘migliore’.
(Lo spazio della beatitudine, del ‘matrimonio’).
Per il resto, l’inconsapevolezza è la nostra unica salvezza.