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Per festeggiare i 540 anni dalla sua nascita, Reggio Emilia, sua città natale ha deciso di organizzare una mostra in onore di Ludovico Ariosto e del suo capolavoro l’ “Orlando furioso”.
Questo poema epico-cavalleresco ebbe un gran successo di pubblico e di critica fin dall’uscita della sua prima edizione nel 1516.
Ariosto infatti fu tra gli autori scelti per la compilazione del primo vocabolario dell’Accademia della Crusca, per il suo linguaggio considerato di gran lunga più semplice e accessibile rispetto a quello di Torquato Tasso. In effetti Ariosto dedicò molto tempo alle diverse revisioni del testo, che man mano fu portato ai livelli richiesti dalle “Prose della volgar lingua” di Pietro Bembo, che ebbe una certa risonanza nell’ambito della famosa questione della lingua.
Secondo la teoria bembiana infatti la lingua da utilizzare doveva essere il fiorentino, non quello parlato, ma quello dei grandi autori del Trecento: Boccaccio per la prosa e Petrarca per la poesia.
L’opera si ispirò all’incompiuto “Orlando innamorato” di Matteo Maria Boiardo, che dopo la pubblicazione del lavoro di Ariosto passò completamente in secondo piano.
Il poema si basa su fatti storici, come la guerra tra Carlo Magno e i Mori, ma al centro della narrazione c’è soprattutto il tema dell’amore, e da quello contrastato e quasi impossibile tra la cattolica Bradamante e il pagano Ruggero sarebbe poi nato il casato nobiliare degli Estensi, della cui corte faceva parte anche la stessa famiglia di Ariosto.
La storia narrata ha appassionato moltissimi lettori di tutte le epoche e l’opera ha fatto da musa ispiratrice per pittori, disegnatori, fumettisti e produttori cinematografici.
La mostra di Reggio Emilia mette infatti a confronto tutte quelle opere che in qualche modo sono legate alla fama dell’ “Orlando”.
Il poema ariostesco rientra nell’immaginario collettivo come esempio di quelli che erano gli ideali cavallereschi del Medioevo, ma non solo. Molti dei personaggi infatti infrangono le regole in nome di qualcosa di superiore che li guida nelle loro avventure.
Prendiamo ad esempio Bradamante, donna guerriera, non certo la fragile e quasi invisibile donna angelo che dovrebbe avvicinare l’uomo a Dio.
Inoltre la ragazza, che è cattolica, si innamora di Ruggero, un pagano, che per amor suo decide di convertirsi al Cristianesimo.
A Reggio Emilia, presso Palazzo Magnani, è ora possibile ammirare tutti i lavori che hanno preso spunto dalla grande opera cinquecentesca, che è uno dei capisaldi della letteratura italiana.
Tra i vari artisti passati in rassegna molti italiani, ma anche stranieri, a comprovare il successo dell’opera a livello internazionale: Enzo Cucchi, Vladimir Velickovic, Roberto Barni, Gianluigi Toccafondo e tanti altri.
[di Magdalena Sanges]