Van Gogh Alive giunge a Firenze in una chiesa sconsacrata. Il visitatore viene immerso in un percorso multisensoriale fatto di opere d’arte enormi e digitali, musiche, colori, luci, citazioni.
Van Gogh in versione multimediale: è Van Gogh Alive. La mostra itinerante, giunta in Italia, a Milano nel 2013, dopo aver ‘viaggiato’ per altre nazioni registrando sempre enorme successo di pubblico, arriva a Firenze.
Fino al 12 aprile è fruibile presso la chiesa sconsacrata di Santo Stefano al Ponte dove si integra, per la prima volta, con l’architettura particolarissima di una chiesa.
Si può entrare nel mondo di Van Gogh non solo mentalmente ma ‘fisicamente’: attraverso una dimensione multimediale creata da una sofisticatissima tecnologia.
Il suggestivo spettacolo multisensoriale è costituito da oltre 3000 immagini, riproduzioni digitali dei più grandi capolavori di Van Gogh, proiettate in altissima definizione con l’impiego dell’innovativo sistema Sensory4 su 40 maxischermi istallati in ogni angolo della chiesa sconsacrata.
La visione delle immagini è accompagnata da musiche, luci, colori, animazioni, citazioni che raccontano la poetica dell’artista e i frammenti di lettere che Van Gogh inviava al fratello Theo.
Grazie a questa fruizione inedita delle opere del maestro olandese, realizzata da Grande Exhibitions e Perlage Grandi Eventi, quegli autoritratti sembrano prendere vita e si ha la sensazione di passeggiare su quei campi di grano, tra quei girasoli e in quelle notti stellate. Ogni area è dedicata ad un tema vangoghiano.
Una mostra come fosse un museo ingrandito, immenso, in perfetta armonia con la creatività e le visioni dell’artista, un uomo tormentato, incompreso, consapevole di esserlo, dalla realtà interiore acuta, alterata, che se da un lato lo portava all’isolamento, alla depressione, a gesti estremi come quello punitivo di recidersi parte dell’orecchio o l’ultimo, il suicidio, dall’altro rappresentava l’origine della sua espressione artistica. Dunque da ‘uomo’ a ‘pittore’, l’angoscia gli imponeva di creare, il bisogno di raccontare se stesso era involontario, doveva esplodere non implodere, quel peso era come se si alleggerisse sulle tele, con l’uso di quei colori così vivi ed eccessivi, eppure la sua vita non era votata al lavoro, in una lettera a suo fratello Theo scriveva “Non posso vivere senza amore, senza una donna […] E’ forse un peccato aver bisogno d’amore, non poter vivere senza amore?”.
[di Redazione]