Articolo di Francesca Lomasto
Victor Zeta e i “Fiori Blu” è il penultimo evento della rassegna Intra Musica, al Caffè Letterario Intra Moenia di Piazza Bellini, Napoli. Come ogni mercoledì, in quello che ormai è diventato un appuntamento fisso grazie a Luciana Iossa, Viviana Ulisse e la collaborazione della IAAM-Italian Association of Arts and Music, il 26 aprile la musica libera e incentrata sulla contaminazione si esprime in un contesto informale e anticonvenzionale.
Il duo, il cui lavoro ha una spiccata nota recitativa che ben si collega alla prossima e ultima tappa della rassegna, è introdotto dal Befolko, artista napoletano emergente. Quest’ultimo, fra ironia, malinconia, folk e una forte nota personale, ha eseguito i propri pezzi, ormai veri e propri cult per gli habituè napoletani, accompagnando poi il gruppo con le percussioni per tutta la serata. Afferma il musicista: «Ci siamo incontrati in un appuntamento di Camera d’autore, ci piacemmo musicalmente. Mi inserisco nella rassegna perché anche io mi sento un contaminatore, unisco due tradizioni musicali diverse, quella canadese e americana degli anni ’70 e la musica napoletana». I suoi pezzi, interessanti tanto dal punto di vista testuale che musicale, hanno funto da antipasto, lasciando il pubblico famelico di altra buona musica, che puntuale è arrivata con Victor Zeta e i “Fiori Blu”.
I due musicisti lavorano insieme da poco meno di un anno ma hanno un’intesa eccezionale. Racconta Marcello Vitale, chitarre e mandolino: «Ci siamo incontrati su quella che è una base comune, lui ha un modo di scrivere molto evocativo e per me è stato subito interessante. Lui è molto cinematografico, io ci ho messo molto Kusturica, elettronica, Cliff, anche il mondo Tex Mex, qualcosa anche da Cafè Parisienne. In un momento in cui si tende molto a omologare, lui ha un modo di scrivere un po’ diverso e questa cosa mi stimola molto». Aggiunge poi: «Strettamente legato alla rassegna, quello che abbiamo provato a fare di peculiare riguarda gli strumenti. Il contesto è particolare, non permette l’amplificazione, abbiamo scoperto che quello che facevamo con cinque strumenti lo si può fare anche con due, asciugando molto il suono magari. Abbiamo sempre creduto molto che la musica si può portare ovunque, bisogna saperla immaginare. Inventarsi i luoghi».
La stima reciproca è evidente, così come il loro pieno rientrare nello spirito della rassegna: contaminare, generi e luoghi, per creare qualcosa di nuovo, intenso e vero. Specifica Victor Zeta: «Ci sono varie influenze. Un’apertura verso la musica balcanica, collaboriamo anche con i Di Rosiori. Poi ci sono altre influenze, logicamente gli arrangiamenti sono in base ai brani. La cosa più importante è la canzone, il messaggio ed evocare le immagini che io sento attraverso i suoni, le atmosfere, i colori, la scelta degli strumenti. Anche nei momenti di solitudine e malinconia contro il mondo esterno. È un modo per esprimersi, prima soli con se stessi e poi fuori con gli altri. C’è un’esigenza musicale: fai una selezione di storie, argomenti, parole e immagini, cerchi quelle più forti che raccontino la storia che hai in mente!»
Nell’atmosfera piacevole e quasi popolare che si è creata, i due musicisti interagiscono fra loro e con il pubblico, raccontando, camminando, salendo sui tavoli. Gli ascoltatori a stento si trattengono dal ballare e si accontentano di muoversi a ritmo e battere le mani a tempo. I testi sono onirici e deliranti, malinconici e ironici; la melodia è gitana, a tratti dolce, travolgente, completamento ed esaltazione perfetta del pezzo. Potrebbero sembrare ossimorici invece i tratti multiformi, indicanti un’identità reale, si fondono bene creando qualcosa di personale e comunque in via di crescita. Le piccole storie, come immagini vive, si insinuano con dignità autonoma creando un’intensa comunicazione fra gli artisti e chi li ascolta. I prossimi incontri con il gruppo saranno il primo maggio al RenaNera a Torre Annunziata e l’undici maggio al’ MMB per la rassegna Incontri d’Artista.
[di Francesca Lomasto]